Ultimo avamposto prima di varcare
il confine con il Sudan,
Shalatin
é il luogo dove la cultura egizia si fonde
con quella sudanese.
Il tragitto lungo la costa del Mar Rosso in direzione
sud offre un panorama arido ma vivo. Siamo nel
Deserto
Orientale,
dove
crescono le acacie e passeggiano i dromedari con
la loro andatura dinoccolata.
Sparuti
insediamenti di capanne interrompono il paesaggio
di sabbia e di polvere. Dimora dei nomadi. I
beduini
del deserto si spostano alla ricerca dell'acqua
che qui segue i canali di scorrimento dei
wadi.
Canyon che s'irradiano nella terra arsa, bacini
idrografici che si gonfiano durante le rare ed occasionali
piogge. Gli abitanti di questa terra di confine
provengono prevalentemente dall'Arabia Saudita e
vivono di pastorizia e commercio.
La sosta nella città di
Berenice
é solo tecnica, poiché non é
permesso visitare le rovine archeologiche. Poche
povere case e il coraggio dei bambini di avvicinarsi
al pullman dei turisti, offrono l'opportunità
di scattare qualche foto. E di regalare i cestini
del pranzo. Le donne, avvolte da grandi tessuti
colorati, guardano da lontano, sulla soglia delle
abitazioni di lamiera.
I posti di blocco militare lungo la strada si
susseguono per il controllo dei documenti. Un
poliziotto siede a fianco dell'autista del pullman
da turismo e la guida racconta. Parla della cultura
egiziana, della dote per il matrimonio, che consiste
in beni, soldi e dromedari. Parla dell'"usanza"
per cui le donne egiziane non lavorano. E' un'incombenza
riservata agli uomini. Parla delle pratiche del
divorzio, molto più sbrigative di quelle
occidentali. E dice che é sufficiente che
l'uomo pronunci per tre volte la frase "io
ti ripudio" al cospetto della moglie e il
matrimonio é sciolto. La donna che intende
separarsi deve chiedere all'uomo di pronunciare
quelle parole tre volte, ma se lui non é
consenziente, dovrà rivolgersi ad un avvocato.
Parla del Ramadan incipiente, del significato
culturale del digiuno sacro. E della riunione
familiare al tramonto per festeggiarne la fine.
Elemento di coesione sociale.
L'arrivo a
Shalatin é di
grande impatto visivo. Decine di mercanti di diversa
provenienza stazion
ano
in un assolato spiazzo sterrato sotto il sole cocente.
La temperatura é torrida. Sono egiziani e
sudanesi, vestiti con le tradizionali
jalabiyah,
lunghe vesti bianche, su cui indossano gilet neri
multitasche.
E' il più grande ed
antico mercato di dromedari dell'Alto Egitto.
Di dromedari, sì, perché, a differenza
di quanto si creda, in Egitto non ci sono cammelli.
Vengono trasportati qui con grandi furgoni per la
compra vendita. Subiscono il passaggio dal veterinario
che li marchia, così da ottenere un attestato
di sana e robusta costituzione. Le contrattazioni
si svolgono tutte a voce; la valutazione del peso
e delle prestazioni commerciali degli animali viene
stabilita a occhio. E' uno spettacolo forte.
Nonostante la cerimonia delle visite guidate sia
ormai acquisita dai mercanti, e il rito dei reportage
fotografici accettati di buon grado al punto da
sollecitarne la messa in posa, si é catapultati
in un altro mondo. Mondo arcaico, arabo, antico
scambio. I dromedari sono merce preziosa per la
loro carne, cibo arrostito molto diffuso nella
dieta. Per il loro latte, che guarisce il fegato
ammalato a causa dell'acqua contaminata. E per
il loro pelo lanoso, usato per tessere abiti caldi.
Triste destino. I dromedari sono avviati al macello.
Attendono la loro sorte con una zampa anteriore
legata affinché non si agitino o si muovano
troppo. E quando sono acquistati, sono costretti
a salire sui furgoni a forza di vergate, legati
dalla bocca che emette urla strazianti, in attesa
che salgano anche gli altri. Veicoli stipati da
una decina di esemplari ciascuno, pronti per le
diverse destinazioni attraverso le antiche vie
carovaniere. Diretti al Cairo, ad Aswan, in Sudan,
in Libia, in Marocco. E' uno spettacolo forte.
Per le viuzze del paese negozietti di spezie,
datteri e oggetti artigianali attirano i visitatori.
Gruppi di bambini seguono i turisti, con i loro
visi luminosi. Vendono collanine fatte a mano
e sono riconoscenti, al punto da regalare un braccialetto
a chi ha acquistato qualcosa al prezzo richiesto,
senza troppo contrattare.
La gita é finita. Le strade sono attraversate
da uomini con il turbante che incitano i
gamal,
come i pastori con le proprie pecore. Camion coloratissimi,
parcheggiati sul piazzale, si riempiono di ogni
tipo di vettovaglie. Stracolmi fino all'inverosimile,
partono in precario equilibrio per il vicino Sudan.
Il pullman dei turisti si riempie del suo carico
di curiosi. Un'ultima occhiata panoramica dal
finestrino. Sulla via, i bambini vestiti di bianco,
tutti insieme, tutti in fila, osservano e salutano
con la mano. Con i loro sorrisi solari e i loro
sguardi rapidi, mobili, erranti. Come gli abitanti
del deserto.