Questo è un luogo del mondo davvero strano, ricco di rimandi, pieno di inediti ma anche terra di contrasti.
Le Rock Island, formazioni rocciose ricoperte di fitta vegetazione così adagiate a scacchiera sulla superficie immota dell'oceano, ti rimandano alle Raja Ampat. I cani randagi che ti rincorrono abbaiando minacciosi per poi fermarsi di colpo a pochi metri da te quando ormai sei paralizzato dalla paura, ti riportano alla Polinesia. I volti cavernicoli e le bocche rosse di radice di betel dei Paluani ti ripropongono l'identità somatica dei Papuani dell'Irian Jaya.
Ma quando percorri il German Channel in barca, con il motore a tutto gas e il vento che ulula furioso e ti sferza il viso, qui non ti ricorda niente.
Vedi l'abbagliante bellezza dell'acqua di cristallo, sei come ipnotizzato, le appartieni, ne diventi un'appendice vibrante, totalmente inglobato da un mare che sembra una laguna senza moto ondoso, dalle nuvole che corrono alla stessa velocità del vento, dalle spaccature artificiali della barriera che creano tunnel e insenature disseminate di riflessi corallini.
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E non ti ricorda niente neanche sott'acqua, quando inginocchiato sul fondo aspetti che la danza delle mante abbia inizio e invece il primo ad arrivare è un poderoso squalo grigio che si piazza in posizione verticale e spalanca la bocca contorcendosi freneticamente per farsi pulire i denti nella cleaning station. Impressionante e inedito.
Il capitano racconta la storia di quest'isola tormentata, palcoscenico di una delle battaglie più cruente della Seconda Guerra Mondiale combattuta tra le forze armate degli Stati Uniti e quelle dell'Impero del Grande Giappone.
Li vedi ancora i giapponesi che vengono qui a Peleliu. Cercano le ossa dei loro parenti caduti in combattimento.
Il capitano racconta e allora gli fai tante domande.
Gli chiedi dove puoi vedere il Nautilus, il fossile vivente così raro che vive solo qui e in poche altre isole dell'Oceano Pacifico. Lui ti racconta la storia del Nautilus, il cefalopode ritenuto estinto fino agli inizi dell'800, questa meravigliosa conchiglia il cui commercio è regolamentato da norme molto restrittive. E ti spiega che vivendo negli abissi marini a seicento metri di profondità durante il giorno, è praticamente impossibile vederlo se non con la complicità dei pescatori locali che lo ingabbiano nelle nasse con esche di notte quando il mollusco risale per cibarsi e, previo pagamento extra, lo liberano davanti ai subacquei che possono così scattare la foto della vita. Resta da vedere quando la foto sia realmente dell'animale ancora vivente e in quale misura questa pratica a dir poco discutibile arrechi danni più o meno irreparabili a questa magnifica e rara creatura marina solo per l'accaparramento di qualche dollaro e il gusto sensazionalistico di un trofeo fotografico di dubbio senso etico.
D'altro canto appare subito evidente che qui a Palau, in Micronesia, regione insulare dell'Oceania incastonata tra Polinesia e Filippine, sia prassi diffusa fare cassa sui turisti.
Ogni cosa, anche la più piccola, è sovrapprezzata, si paga tutto più del dovuto. I prezzi sono differenziati, ci sono quelli per i locali e quelli per i turisti, come il biglietto del traghetto da Peleliu a Koror, o il pranzo in un ristorante o la sovrattassa applicata arbitrariamente all'aeroporto internazionale per una stecca di sigarette comprata al Duty Free.
Esatto, le tasse.
Dicono che il costo di beni e servizi sia sovraccaricato di tasse perché la maggior parte dei prodotti di consumo è d'importazione. Non è questa l'impressione che se ne ricava, la sensazione unanime è che piuttosto ci sia un modus operandi generalizzato per spremere i visitatori stranieri in qualsiasi circostanza.
Questa costante crea frustrazione, perché raffredda i bollenti spiriti, ridimensiona l'entusiasmo che si riaccende bruciante all'ora del tramonto, quando seduta sul balcone della tua splendida stanza, vedi il cielo che si colora di rosso, gradatamente, progressivamente, fino all'esplosione dei riflessi scarlatti sull'acqua che trapassano le nuvole come lame e le infiammano come un incendio.
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E' lì che bruci di ardore, in quel contrasto altalenante tra freddo e caldo, tra asciutto e bagnato. Sì perché qui a Peleliu piove sempre. Acquazzoni torrenziali irrompono improvvisamente e si riversano sul mare e sulla terra come un'inondazione biblica, sommergendo il creato di un diluvio universale di evocativa valenza simbolica.
Poi all'improvviso smette di colpo, e torna il sole, torrido, abbagliante, luminescente sulla superficie scintillante di quel mare incantato, dove branchi di delfini tursiopi si rincorrono ogni giorno e ogni giorno ti accompagnano festosi sulla scia del motore della barca che solca le acque coralline di questo tratto di oceano.
Oceano capriccioso, in balia delle correnti, che, a condizione della loro massima potenza e della contestuale temperatura sotto i ventisei gradi, regala le più famose ed emozionanti immersioni di questo pezzo di mondo subacqueo. E allora hanno inventato il reef hook. L'hanno inventato qui l'uncino da attaccare alla roccia nell'angolo della barriera al Blue Corner o a ridosso del taglio della parete a Peleliu Cut e a Peleliu Express. Stai lì, ancorato a mezz'acqua, sballottato come una bandiera al vento, con la corrente furiosa che ti dondola da un lato all'altro. Stai lì, come su una giostra, e ti girano intorno decine di squali grigi e ti circondano gruppi di carangidi, squadroni di tonni, banchi di cernie, nugoli di barracuda.
Ti ritrovi faccia a faccia con i pesci pappagallo dal bernoccolo, guardi negli occhi le tartarughe che ti sfiorano curiose, ti sbrilluccica davanti il barramundi a pois e rimani lì, sospeso nel blu, fino all'ultimo strattone.
Sul ferry boat di ritorno a Koror, seduta di fianco a un giovane giapponese che, come tanti altri del suo paese, mi insegna la storia di questo remoto arcipelago di Palau di cui condivide gran parte della cultura, guardo il mare. I panettoni rigogliosi delle Rock island emergono dalla laguna blu dell'oceano, una barca m'insegue, mi chiama, mi sorride: è il capitano che ha aspettato la partenza del traghetto per farmi una sorpresa. Un'emozione di contrasto, contraltare della concomitante presenza di personaggi poco raccomandabili che a prua mi fanno il terzo grado, vogliono sapere tutto, quanto ho speso qua e quanto ho speso là, per infine chiedermi se voglio comprare fumo. Pare infatti che Palau sia la capitale mondiale della cannabis che, insieme al consumo smodato di birra e all'uso ininterrotto di radice di betel e calce, ne fa un posto alquanto vizioso, per non dire altro.
Peleliu è un luogo del mondo davvero strano, ricco di rimandi e pieno di inediti. Ma è anche terra di contrasti, di emozioni contrastanti, tra bene e male, tra frustrazione ed esaltazione, ma pur sempre di emozioni. Ed è questo quello che conta.
Paola Ottaviano