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::Estate
2013:: |
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Fiji
Dove gli uomini portano la gonna |
Uno non se l'aspetta, ma alle isole Fiji gli
uomini portano la gonna!
E' il tradizionale abito delle grandi occasioni, delle cerimonie, delle feste
e della domenica. I ragazzi vestono la "gonna a portafoglio", qui
chiamata sulu, come divisa della scuola. Questa sorta
di sarong o pareo ha diversi abbinamenti: con la camicia
colorata a grandi fiori nelle situazioni più informali, o in versione
"completo giacca e cravatta" negli eventi ufficiali; di colore grigio-antracite più comunemente, o bianco - panna, elegantissima. La lunghezza
raggiunge metà polpaccio, ad onorare l'etichetta che vuole ginocchia
e spalle sempre coperte, ed è indossata con i sandali. Gli accessori di cui gli uomini si ornano, infine, come la collana di conchiglie e il fiore
d'ibisco o frangipani tra i capelli, ne completano il look. Non si traggano
da questa descrizione conclusioni affrettate, né tantomeno facili ironie:
i fijiani non sono tutti effeminati, al contrario! La loro carica di mascolinità
traspare nella camminata, impettita ed eretta, e al tempo stesso disinvolta
e scanzonata, elemento di vera fascinazione; si esprime nel saluto, un gesto
perentorio con la mano o a braccia aperte, in un intrigante alternarsi di sorriso
e sguardo pensoso; esplode nella danza tradizionale meke,
dove il ruolo maschile si esibisce nelle frenetiche ed atletiche movenze virili
e guerriere, contrapposte a quelle femminili aggraziate e sensuali; si addestra
nel rugby, lo sport nazionale, e qui gli uomini hanno l'occasione
di mostrare la forza ed esercitare il temperamento competitivo che li caratterizza.
Hanno un forte senso dell'identità personale e vogliono che sia riconosciuta.
Scambiarsi il nome nelle presentazioni è fondamentale e non dimenticarlo
più lo è altrettanto.
Gli abitanti delle isole Fiji sono considerati tra i più amichevoli al
mondo. La sensazione immediata che se ne ha è quella della dolcezza,
dell'accoglienza, del sorriso. In entrambi i sessi non c'è aggressività.
E pensare che questo popolo originario del Sud Pacifico ha esercitato il cannibalismo
fino alla fine dell'800, quando ha servito a cena, in uno degli ultimi illustri
banchetti, il reverendo metodista Baker, proprio colui che convertendo gli indigeni
alla cristianità (ed ha fatto un ottimo lavoro! I fijiani sono molto
credenti e la domenica è consacrata con la partecipazione in massa nelle
chiese e l'astensione totale da tutte le attività lavorative) è
stato l'artefice della scomparsa di questa pratica, ma reo di aver recato offesa
al capo del villaggio toccandogli la testa, gesto considerato ancora oggi, nella
cultura fijiana, come una grave mancanza di rispetto. Perché, se è
vero che gli stranieri in visita vengono messi a proprio agio dalla natura bonaria
e gioiosa dei padroni di casa, è altrettanto vero che gli stessi pretendono
rispetto e osservanza dell'etichetta nei loro villaggi, tanto da sottolinearlo
sui cartelli stradali "Respect our village". Se ne ha la prova durante
la cerimonia della kava, dove la condivisione della
bevanda della yaqona (radice della pianta del pepe)
è una celebrazione estremamente ritualizzata e socializzante, nel corso
della quale sorridere ed applaudire è segno di rispetto. Oppure durante
la preparazione del lovo, il cibo cotto in un buco
scavato nella terra e offerto orgogliosamente agli ospiti in occasione delle
cene indigene tradizionali.
I fijiani non sono pregiudiziali né discriminanti nei riguardi di chicchessia.
Non nei riguardi degli allegri gay e transgender degli staff di lodge e resort,
né nei riguardi degli indiani, che rappresentano più di un terzo
della popolazione e che gestiscono la maggior parte delle attività commerciali.
Gli indigeni di origine melanesiana e polinesiana li considerano fijiani a tutti
gli effetti, nonostante molti di loro non spiccichino una parola della lingua
locale e si mantengano separati e non contaminati, come nella più immobile
e statica società dell'India. La storia di colpi di stato, che si sono
avvicendati in questo montagnoso arcipelago dell'Oceania, è dovuta in
gran parte alle tensioni tra le due etnie. Un susseguirsi di attentati alla
democrazia ha portato all'espulsione della Repubblica delle Isole Fiji (proclamatasi indipendente dalla colonizzatrice Gran Bretagna nel 1970)
dal Commonwealth of Nations, ha creato rotture diplomatiche con le vicine Australia
e Nuova Zelanda che hanno sospeso le Fiji dal Pacific Islands Forum, ma non
è stato dirimente per l'ONU che si è avvalsa del consistente contributo
degli istruttori militari fijiani per le cosiddette "missioni di pace"
nel mondo, ultimo in ordine di tempo quella in Iraq al seguito degli Stati Uniti
nel redditizio campo della sicurezza. In questo caso avere un governo democratico,
evidentemente, non è un requisito imprescindibile per uno stato! E l'idea
che un fijiano, dal carattere indulgente, accomodante e tollerante, che vive
felice e pacioso tra le sue isolette, venga catapultato in Iraq tra gli orrori
di una guerra mai pacificata, in mezzo ad un deserto sterile e ostile, francamente
fa un po' specie!
Perché sarà pur vero che l'approccio con i turisti è filtrato
da una sorta di mediazione commerciale che inquina inevitabilmente la genuinità
di una cultura, ma mai come in queste isole la sensazione dell'autenticità
dei modi e dei comportamenti è netta e immediata. Il ricevimento all'arrivo
sulle spiagge è corale, fatto di canti dalle melodie suonate alla chitarra
e accompagnate dal dolce sciabordio delle onde dei Mari del Sud. Il saluto urlato
a braccia aperte Bula! Benvenuti! è l'accoglienza nello
spirito della comunità, elemento essenziale del tessuto connettivo della
vita del villaggio, alla base della struttura sociale della società fijiana.
Non c'è separazione con gli stranieri, ma inclusione. Tutte le attività
delle strutture turistiche sottendono alla conoscenza della storia del paese,
degli usi e costumi di un popolo che ha mantenuto intatte le proprie consuetudini,
di cui è orgoglioso e che trasmette ai visitatori tramandandole in una
sorta di tradizione orale. E tutto quello che succede, tutti gli accadimenti
organizzati sono divulgazione di patrimonio culturale di appartenenza che delinea
l'identità di una collettività che non ha dimenticato o annullato
la propria specificità, che non ha permesso ad alcuna colonizzazione
di spazzare via e che è rimasta autentica anche nei luoghi destinati
al turismo, prima risorsa economica della regione. Dolcezza e spontaneità,
ospitalità e naturalità coinvolgono e commuovono. Ci si affeziona
agli uomini, timidi e silenziosi. Ci si affeziona alle donne, sorridenti e ironiche,
che avvolgono tra le braccia chiunque arrivi nella loro terra. Con quell'indolenza,
quelle lente movenze di chi non ha alcuna fretta perché non ce n'è
bisogno, nello spirito del Fiji Time, che più che una
percezione del tempo, è una filosofia di vita.
Paola Ottaviano