La crociera subacquea nel Mar Rosso
sudanese volge al termine. La barca rientra in porto
e ormeggia. Dal ponte superiore, munita di binocolo,
osservo la banchina, curiosa... Port Sudan. L'ora
del crepuscolo é animata da uomini che indossano
lunghe vesti bianche e donne dalla pelle dorata
avvolte in ampi tessuti leggeri, stampati a tinte
pastello e soggetti floreali. Nella loro sinuosa
camminata il vento solleva l'orlo dell'abito, mostrando
allo sguardo furtivo caviglie finemente decorate
con l'henné, che fanno capolino in sintonia
cromatica con sandali preziosi e dai tacchi alti.
Un mix culturale di arabo e africano, le due anime
del paese più grande dell'Africa.
Il Sudan é devastato da una guerra civile
che si protrae da oltre vent'anni e che vede contrapposti
il governo settentrionale del presidente islamico
Al Bashir e le regioni meridionali a prevalenza
cristiano-animista. Il Sudan é un esempio
di sviluppo diseguale. Il Nord é popolato
da etnie di lingua araba in prevalenza musulmane
che vivono in aree desertiche, mentre il Sud é
"Africa nera" non musulmana né
araba, dove l'organizzazione sociale é definita
in base alle relazioni tribali. Il regime di Khartoum
ha imposto la sharia anche al Sud del paese, che
subisce così una discriminazione politico-economica
e religiosa in un processo di arabizzazione ed islamizzazione
forzate. Nella regione del Darfur, in particolare,
si sta consumando uno dei conflitti più drammatici
dell'Africa intera. E' in atto uno scontro per il
controllo del petrolio sudanese tra le grandi potenze,
Stati Uniti da un lato e Francia e Cina dall'altro.
La partita si gioca sulla pelle della popolazione
della regione del Darfur, che diventa terreno di
trattativa per imporre il dominio sulle riserve
petrolifere. Non é interesse dell'amministrazione
americana mettere fine alla sofferenza della popolazione
giacché il dramma del Darfur diventa argomentazione
per imporre l'embargo al governo sudanese e rafforzare
le posizioni strategiche e militari degli Stati
Uniti nell'area. Una cruda motivazione di profitto
che smaschera la natura ipocrita della "missione
umanitaria", continuando a non porre fine a
quello che é stato definito un "genocidio".
Il Sudan é un paese molto arretrato, i cui
abitanti versano in condizioni di estrema povertà
e l'embargo sortisce il solo effetto della morte
di fame di massa. L'aspettativa di vita é
di 55 anni, la mortalità infantile sotto
i 5 anni si attesta intorno al 107 per mille, il
50% della popolazione non ha accesso ai farmaci,
secondo le stime di Emergency
che ha attivato alcuni presidi sanitari nella regione
e ha aperto un centro di cardiochirurgia specializzato
a venti chilometri dalla capitale Khartoum, offrendo
assistenza gratuita ai sudanesi e ai pazienti dei
paesi confinanti.
Tramonto su Port Sudan. Il mercato é animato,
alcuni commercianti chiamano i rari turisti
per offrire le merci dei loro negozietti, tessuti,
scarpe, gioielli lavorati finemente. "Hello
friend, how are you?". Le stradine sono presidiate
da militari col frustino in mano e capita di assistere
a scene di "ripristino dell'ordine pubblico"
dove viene usato il bastone su qualcuno che, forse,
é lì per chiedere l'elemosina. Non
é permesso entrare in tutte le zone, non
é permesso scattare fotografie se non previa
richiesta e a mezzanotte scatta il coprifuoco.
Tramonto su Port Sudan. Rientrati sulla barca ormeggiata
in porto, la banchina risplende della luce opalescente
di un sole calante che irradia i suoi ultimi raggi
tra le palme; gli aironi, appollaiati sulle bitte,
e la voce del muezzin che invita alla preghiera
c'immergono in un'atmosfera esotica, piena di fascino
e mistero, dolcemente dondolati dall'indolente risacca
del Mar Rosso. Un mare culla di tesori subacquei
altrettanto misteriosi e affascinanti.
Paola Ottaviano
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