Percorrendo
le strade sterrate che si snodano tra colline vulcaniche
colonizzate dalla rada vegetazione di cactus, ci
si imbatte in piccoli insediamenti di casette di
calce bianca, attorniati dalle palme come oasi nel
deserto. Gli occhi si spalancano di stupefatta meraviglia.
Lo sguardo si perde nella profondità di campo.
Le pitas* si ergono dal terreno con il
lungo stelo floreale proteso verso il cielo.
Piante del deserto. Le agavi e i fichi d'India sono
schizzi di verde brillante su una tela di terra
bruciata. Un panorama arido che evoca il paesaggio
del Centro America messicano, la Baja California,
il deserto di Sonora. Cabo de Gata
é il posto d'Europa dove piove meno. I venti
torridi d'estate rendono le temperature roventi
ma secche, senza umidità. I capodanni del
Cabo si festeggiano in maglietta, mai al di sotto
di 20° centigradi.
Luogo del mondo selvaggio, essenziale, Costa Tropical.
Ci si stupisce che possa sorgere immerso nel Mediterraneo
e non in qualche esotico angolo degli Oceani. Eppure,
nella calda e afosa Andalucía,
esiste ancora un piccolo paradiso, istituito Parque
Natural nel 1987 e sottoposto a vincoli
di protezione ambientale, che lo preservano dall'edificazione
forzata del cemento. Le case non possono avere più
di due piani e devono essere costruite nel rispetto
dello stile architettonico tipico della zona; é
scongiurata l'invasione di yacht e imbarcazioni
da diporto a ridosso dei 60 chilometri di costa
selvaggia e frastagliata, impreziosita da baie e
calette incastonate tra bastioni di roccia a strapiombo
sul mare.
Già, il mare. Turchese, trasparente. Acqua
fresca come di sorgente di montagna, che svela un
fondale di ciottoli e rocce, dimora di murene e
stelle marine. Per il piacere di apneisti e subacquei,
mondo sommerso, regno del buceo.
Situato alla stessa latitudine di Algeri, Cabo
de Gata svela la sua doppia natura, mediterranea
e nordafricana. La sua storia evoca giacimenti d'oro**
che qui hanno attratto iberi, romani e arabi. (Il
nome Cabo de Gata è una deformazione di Cabo
de Agates, Capo delle Agate, pietre preziose.) Scarsamente
abitato, questo luogo da sogno si popola durante
i mesi estivi di un turismo altro, che ricerca l'incontaminato
e deplora i divertifici di cemento di tutta la costa
spagnola che si affaccia sul Mediterraneo.
E d'inverno si riappropria della sua anima Andalusa,
cruda e selettiva.
Tra i tavoli all'aperto di una heladeria,
nell'affollamento di ferragosto, mentre i turisti
curiosano da una bancarella all'altra e immancabilmente
una ragazza attacca il filo del suo amplificatore
portatile per allietare gli astanti alla chitarra
e racimolare qualche euro, un bambino biondo dalla
pelle brunita si avvicina e con un incomprensibile
spagnolo, fatto di s omesse e abbreviazioni***,
chiede perentorio la bottiglia dell'acqua. "¿No
quiere?". A poca distanza, con i loro
oggetti artigianali, donne avvolte in scialli variopinti
e vaporosi sono arrivate dai paesi dell'interno
per la Feria de San José.
E' una rivelazione. Un breve e immediato contatto
con l'altra realtà, quella mobile, affascinante
e vilipesa del mondo dei Gitani.
E' l'attrazione per il nomadismo, la curiosità
per le tradizioni di clan, il magnetismo per una
cultura dominata dalla legge del sangue.
Malìa Andalusa, che riscatta il popolo degli
zingari ed il loro vagabondare errante.
Fascinazione, che risarcisce il popolo dei Rom,
i signori della fiesta. Un popolo che fa
della libertà e dell'ozio un'arte del vivere.
*
agave messicana il cui succo fermentato produce
il mescal ** nel villaggio di Rodalquilar un tempo esisteva
una miniera d'oro
*** la lingua Andalusa