Non
é facile descrivere le sensazioni provate
durante la visita in un paese come l'Arabia Saudita.
Si rischia il condizionamento dettato dagli stereotipi
e dai pregiudizi occidentali che ne diventano
parametro valutativo. E' allo stesso tempo impossibile
prescindere dal proprio background culturale.
L'impatto con l'Arabia Saudita é shockante.
Scavalcato il primo ostacolo burocratico per aver
superato i trent'anni di età, al di sotto
dei quali una donna può entrare nel Regno
solo se accompagnata dal marito, la prima impressione
di essere atterrati in un altro mondo si ha dall'atmosfera
che si respira, caldo-umida, pesante, non solo
meteorologicamente.
Scesa dall'autobus per necessità fisiologiche,
cerco un bagno in un centro commerciale sulla
strada che da Jeddah porta a Yanbu. Mi rendo subito
conto che una serie di atteggiamenti, per me naturali,
sono visti come inadeguati. Come accendersi una
sigaretta per strada o girare da sola.
Mi accompagnano.
All'entrata dello shopping center, vedo alcune
donne in gruppo nei loro vestiti tradizionali,
accompagnate dagli autisti. Nel Regno alle donne
è proibito guidare.
Sguardi inquisitori e censori osservano penetranti
ogni minimo gesto o atteggiamento, tanto da creare
un vero e proprio imbarazzo, da far sentire a
disagio. Tutto cambia improvvisamente una volta
entrata nella toilette delle signore. Saluti,
sorrisi e allegria. Le donne Saudite, una volta
da sole in privato, si "svelano", ricompongono
le acconciature dei loro bellissimi capelli neri
e si divertono. Come a scimmiottare tutto il "dover
essere" da ostentare al cospetto della comunità.
Ma sarà vero allora quello che si dice?
Che le ferree regole dell'Islam sono rigidamente
rispettate in pubblico per adesione alla forma,
per convenzione e conformismo, condizioni imprescindibili
di accettazione sociale? E poi, dietro le quinte,
si trasgredisce come in ogni luogo dove i divieti
e la repressione la fanno da padroni? Si vocifera,
infatti, che le donne Saudite, la maggior parte
delle quali molto ricche, si fanno accompagnare
dall'autista nei luoghi pubblici, e poi, girato
l'angolo, si fanno venire a prendere per andare
dove vogliono.
Ma allora, é tutta questione di ipocrisia,
una mondo fatto di pubbliche virtù, vizi
privati? Un pò come succedeva (e succede
ancora) in tanti luoghi dell'Italia, dove la gente
mormora? Dove va tenuto un atteggiamento morigerato
in pubblico e in privato si fa di tutto, basta
che non si sappia in giro, pena la messa alla
gogna?
Forse un pò é anche così,
ma la separazione netta del femminile in tutte
le situazioni é evidente e stridente. Le
donne Saudite rimangono sorvegliate speciali,
da parte parentale, da parte di un uomo che ne
ha la patria potestà.
Il Regno Arabo Saudita é uno stato teocratico,
le cui leggi derivano dall'applicazione fondamentalista
dei precetti della Sharia, tratti dal Corano.
E' uno stato islamico wahabita. La pena di morte
é largamente applicata e i tribunali coranici
ancora impongono punizioni corporali, come la
lapidazione in caso di "adulterio".
Il venerdì si assiste alle esecuzioni in
piazza, pratica raccapricciante che ancora oggi
é in vigore affinché sia di monito.
Allo stesso tempo l'Arabia Saudita é il
primo produttore di petrolio, grazie al quale
mantiene relazioni con grandi paesi occidentali,
come gli Stati Uniti, che curiosamente in questo
caso soprassiedono alla evidente contraddizione
di intrecciare relazioni economiche privilegiate
con uno stato dalla struttura giuridico sociale
integralista. I proventi dell'oro nero vengono
distribuiti dal Re alla popolazione sotto forma
di servizi sociali, come la sanità, l'educazione
e l'erogazione di risorse energetiche (elettricità,
gas, ecc.). Il Regno é tax free.
Un paese dalle enormi contraddizioni. Ma solo
una donna nata e vissuta nell'Arabia del 2000
può descriverle. Può sfidare nei
suoi modi e nei suoi tempi un'organizzazione sociale
che a noi appare medievale e per molti aspetti
lo é.
Come ha fatto una giovane ragazza di Riyadh usando
Internet, l'unica forma di comunicazione privata
possibile (insieme ai telefoni cellulari), e denunciando
in modo brillante e intelligente gli anacronismi
e le regole soffocanti imposte dalla comunità. Rajaa Alsanea nel suo bellissimo
romanzo Ragazze di Riad ha lanciato
una pietra nello stagno dell'immobilismo della
tradizione e, nonostante le censure in patria,
ha dimostrato la capacità delle stesse
donne Saudite di essere protagoniste del loro
percorso di lenta ma continua evoluzione.
Paola Ottaviano