Il
viaggio alla volta di Isla del Coco, isola oceanica
della Costa Rica, é preceduto da ansiosi patemi
d'animo e trepidanti speranze. Racconti apocalittici
di intere giornate nel Pacifico (che di pacifico ha
solo il nome) in balìa di onde furiose e mare
imbestialito, contribuiscono a incrementare quel sottile
senso di angoscia che si accompagna spesso all'incertezza
della partenza. Ansia da prestazione, nel senso che
ci si chiede terrorizzati: ce la farò a sopravvivere?
Al tempo stesso l'idea di centinaia di squali martello
(visione che nutre l'immaginario collettivo dei subacquei
di tutto il mondo al solo pronunciare il nome di quest'isola)
rende audace anche il più timoroso dei viaggiatori.
E' la motivazione che sfida le paure, sconfigge la pavida
ragione e riaccende quel sano senso di incoscienza senza
il quale saremmo sempre chiusi dentro quattro mura a
domandarci perché viviamo.
Ergo, si parte! Il volo per San Josè, capitale
dello stato centroamericano della Costa Rica, dura undici
ore. All'arrivo, il clima non promette niente di buono.
Siamo in aprile, al passaggio stagionale tra la secca
estate che sta finendo e il piovoso inverno incipiente.
Il vento e le nuvole ci accolgono all'aeroporto e contribuiscono
alla confusione mentale indotta dal jet lag delle
otto ore indietro di fuso orario. L'incaricato dell'Okeanos
Aggressor, la barca su cui stazioneremo nei prossimi
giorni, esordisce con una notizia di ambivalente interpretazione.
El agua es muy caliente por El Niño. Ma
poi precisa che, durante la settimana di immersioni
che ci ha preceduto, nessuno si é lamentato per
gli avvistamenti, comunque soddisfacenti. Tradotto:
se l'acqua é troppo calda, gli squali si tengono
a grandi profondità, ma in ogni caso qualcosa
si vedrà.
Il tragitto di due ore in direzione Punta Arenas é
allietato dalla visita ai giardini delle mariposas,
dove un colorato e dispettoso tucano in cattività
subisce infastidito i flash di tutte le fotocamere in
azione. Viceversa, l'arrivo a Punta Arenas é
funestato dalla carcassa di una grande tartaruga marina,
trasportata inerme sulla battigia della spiaggia della
città portuale. Cattivo presagio per la ciurma,
che esorcizza i demoni della superstizione con i dovuti
scongiuri!
Finalmente si prende possesso delle cabine, accolti
dalla tribulación in alta uniforme.
Dopo le presentazioni di rito, la barca molla gli ormeggi
e si accinge ad affrontare l'avventura della traversata
oceanica, che durerà ben trentaquattro ore. L'onda
lunga culla la maggior parte dei presenti e tormenta
coloro che soffrono il mare.
L'Oceano Pacifico. Una distesa infinita, senza soluzione
di continuità. Dall'alto dei sundeck
si scruta l'orizzonte, in attesa di sorprendenti apparizioni.
I delfini in gruppo fanno a gara di velocità
con la carena di prua e incantano i naviganti distesi
in coperta a naso in giù.Le tartarughe
agitano scompostamente le zampe per cavalcare i flussi.
In lontananza soffioni di cetacei non ben identificati
rompono la superficie dell'acqua. Balene o orche? Chi
può dirlo! Il sole si tuffa nella scintillante
distesa d'acqua per ben due volte e all'alba del terzo
giorno irradia l'isola dei dinosauri. Isla
del Coco, l'isola di Jurassic Park, appare
agli occhi dei viaggiatori in tutta la sua asprezza.
Scure nubi disegnano minacciose ombre cariche di pioggia
sulle cime di alte rocce montuose a picco sul mare.
Sono ricoperte da fitta vegetazione lussureggiante con
le piante abbarbicate alle pendici e solcate da ruggenti
cascate che precipitano in acqua. Violenti e improvvisi
acquazzoni torrenziali rendono l'Oceano marrone in pochi
minuti. Così come, in pochi minuti, riappare
il sole a scaldare e a ristabilire le proporzioni originarie.
Le regole del parco non consentono di superare i 35
metri di profondità in immersione, ragion per
cui appare inevitabile l'uso del Nitrox. Chi non é
in possesso del brevetto é indotto a seguire
il corso sulla barca, al costo di 150 US$ per il Basic
Nitrox, ai quali vanno aggiunti 80 US$ di ricarica.
Il limite di profondità é dettato da ragioni
di sicurezza. La camera iperbarica più vicina
a Isla del Coco si trova a Ciudad de Panamá,
a tre giorni di viaggio. Di conseguenza, i rischi di
incidenti da decompressione vanno azzerati. In aggiunta,
un GPS di segnalazione viene fornito ad ogni subacqueo
e comporta il pagamento di 200 US$ in caso di smarrimento.
E così corazzati, con il pedagno, il GPS, la
macchina fotografica, la torcia e i guanti che pendono
dal GAV, con i pesi maggiorati a compensare la leggerezza
delle bombole d'alluminio, ci si appresta ad entrare
in acqua per il check dive come dei veri e
propri marines!
Ci si immerge a Bahia Chatham, la baia
dove é attraccato l'Aggressor. Passo da gigante,
pesata e giù, gentilmente, a periziare i fondali.
La temperatura dell'acqua è davvero molto calda,
ventotto gradi di media. Nella scarsa lattiginosa visibilità
dovuta alla sospensione, squali pinna bianca
di tutte le taglie nuotano irrequieti e veloci in gran
quantità. Sarà la caratteristica peculiare
di tutte le immersioni. Un pesce
rana, dal colore sgargiante, filtra l'acqua
a bocca aperta, immobile su una roccia del fondo sabbioso.
Sembra un fumetto, un bizzarro e buffo personaggio dei
cartoon. Murene di tutte le specie
e l'ombra di una manta che si allontana,
sfortunatamente troppo distante per poterle tributare
gli onori che le sono dovuti. La seconda immersione
della giornata é all'isola di Manuelita.
I subacquei si dividono in due gruppi, quello della
Panga 1 e quello della Panga 2. I
gommoni partono a poca distanza l'uno dall'altro, direzione
Manuelita afuera. Incontri
fortunati per alcuni, che s'imbattono nello squalo
tigre che da giorni pattuglia il sito, meno
fortunati per gli altri, che in compenso si godono razze
marmoree e aquile di mare
in gruppo. La scarsa visibilità non facilita
gli avvistamenti e crea non pochi disagi ai fotografi,
che soffrono profonde frustrazioni per la pessima qualità
degli scatti. La fotografia é luce. No luce,
no foto.
La corrente si fa sentire alla terza immersione e, finalmente,
regala la prima fugace apparizione dell'oggetto del
desiderio, l'agognato squalo martello!
Anche lui si tiene a debita distanza, ma é la
prova che esiste! La vera "chicca" del primo
giorno é l'immersione notturna aManuelita
adentro. Il rodeo degli squali
pinna bianca, in frenesia alimentare, si manifesta
nella sua inquietante crudezza. Fiumi di carcarinidi
si affollano, si azzuffano, puntano minacciosi frontalmente
e deviano il loro corso solo ad un palmo dall'erogatore,
quando il malcapitato subacqueo abbassa la luce della
torcia. Uno spettacolo impressionante, al quale si assiste
lottando con la risacca che sbatte violentemente sulle
rocce. All'uscita, nel buio della notte, il cielo risplende
di stelle brillanti e tremule, e l'acqua scintilla di
plancton.
Il mattino seguente l'imbarcazione si sposta a Bahia
Wafer, dove tutti si precipitano sul tetto
per comunicare con il mondo civile. Il ripetitore piazzato
sull'isola permette le comunicazioni telefoniche con
i cellulari. Dopo aver rassicurato amici e parenti,
ci si prepara per un altra dura giornata di lavoro. Punta Maria. La pioggia torrenziale
induce ad immergersi al più presto, e così
giù, attaccati alla corda dell'ancora fino a
34 metri in attesa sulla balconata rocciosa. Punta Maria
é la cleaning station degli
squali martello smerlati (Sphyrna Lewini).
L'ottanta per cento dei clienti di questo salone di
bellezza sono le femmine, che vengono a farsi togliere
i parassiti delle ferite procurategli dai maschi nell'atto
sessuale. I pesci pulitori sono mariposas y angel,
pesci farfalla e pesci angelo. Quando c'é corrente,
giunge il termoclino che porta gli squali con la bocca
aperta. Le tre condizioni perché il fenomeno
dei branchi di centinaia di squali martello si verifichi
sono, dunque, la luna piena, il termoclino e la corrente.
Il periodo migliore sembra essere da giugno a settembre,
quando le tempeste tropicali si abbattono sul Parco
e il mare si gonfia. Ma in questa particolare settimana
di aprile, la temperatura dell'acqua é alta,
la luna é nuova e il taglio di acqua fredda pressoché
assente. Ci si deve accontentare di qualche esemplare
soltero, cui la condizione di single nulla
toglie in dignità. E sembra aver percepito il
basso tono dell'umore e la delusione dei sub uno squalo
martello con il suo piccolo, che si sofferma per venti
minuti a Piedra Sucia (la
sommità emersa di un faraglione imbiancata di
guano di uccelli marini), a farsi ammirare e a riscattare
la categoria. Non si risparmia neanche un altro
degno esemplare, il Carcarino delle Galápagos,
che sfida la scarsa luminosità del fondale e
si mostra in tutta la sua potenza. Un fiume di carangidi
s'improvvisa in danze eccitate e contagiose. Ci si infila
in mezzo e da questa posizione privilegiata l'incontro
ravvicinato con una grossa tartaruga regala
finalmente scatti fotografici degni di questo nome.
Isla Pajara é un digradante volo
planato sullo slope sabbioso, colonizzato da
centinaia di garden eels e
sogliole pavonine.
A bordo é il momento di ricevere visite. Un emissario
dei rangers del Parco sale per riscuotere la tassa d'ingresso
(35 US$ al giorno) e fornire l'autorizzazione necessaria
per scendere sull'isola. Purtroppo i sentieri sono fangosi
a causa delle piogge intense. Ci si dovrà accontentare
di una breve sortita alla stazione dei guardaparco.
Sacchi ricolmi di palamiti recuperati in mare sono la
triste testimonianza della diffusa pratica illegale
di pesca di frodo. I volontari della Base Wafer fanno
del loro meglio con i pochi mezzi a disposizione.
Cervi e fringuelli si spartiscono i frutti della terra
tra l'erba, moschini in gran quantità annusano
la pelle bruciata dal sole, senza produrre alcun prurito,
e imponenti piante endemiche svettano verso il cielo.
La foresta fitta e rigogliosa racchiude in sé
un cuore selvaggio e incontaminato che il sole incendia
al tramonto, riversando riflessi di fuoco sulla superficie
immota del mare.
A Dos Amigos é il momento
dello svago. La forte corrente fa i dispetti e i subacquei
la bypassano entrando e uscendo dall'arco sommerso attorniati
da nugoli di dentici e grugnitori. Un polpo
fuori tana allunga i tentacoli cangianti come ad applaudire
l'impresa! Durante la sosta di sicurezza a Vikingo,
un'aquila di mare adagiata sulla roccia si nutre avidamente.
Come perdere l'occasione di immortalarla in un bel primo
piano? Si ridiscende quindi di pochi metri. Il raiforme
sembra apprezzare ed esibisce vanesio tutta la sua bellezza.
Un peccato veniale che si paga a caro prezzo: nell'eccitazione
del momento, la pinna di un sub scivola in acqua e affonda
per sempre negli abissi marini di Coco.
Bajo Alcyone, il cui nome é ispirato
alla nave di J. J. Cousteau, é uno dei siti migliori
dove nuotano indisturbati squali martello sul fondo,
tartarughe e wahoo.
La barca si sposta per le ultime immersioni a
Bahia Yglesias. E' il giorno della resa dei
conti.
Il gruppo della Panga 2 é in vantaggio
su quello della Panga 1 per gli avvistamenti
della manta e lo squalo tigre. L'altro ha al suo attivo
il pesce rana, immortalato diverse volte con bellissime
macro.
I dive, Piedra Sumergida.
Dopo aver attraversato una grotta passante invasa da
decine di azzannatori e aver scovato una famiglia di
aragoste rintanata sotto un crepaccio,
non rimane molto altro da rimarcare.
II dive, Piedra Solitaria.
Una coppia di buddy del dinghy 1 si fionda nel blu al
limite dei 35 metri. O la và o la spacca! Nella
penombra obnubilata dalla sospensione, quando la barriera
non si distingue più e il resto del gruppo è
sparito dalla visuale, appare uno squalo martello di
tre metri che naviga verso l'alto. Ma non é solo!
Segue il secondo, il terzo, fino al quinto. Un branco
in formazione si materializza davanti allo sguardo sbigottito
dei due audaci pionieri del mare.
E' il riscatto. Tornati all'Aggressor, i componenti
del dinghy 2 si affacciano dalla balaustra curiosi e
incassano un goal che ristabilisce la parità
della partita. La competizione é giunta all'epilogo,
c'é chi rosica e chi risica!
L'ultimo tuffo in acqua affronta la spettacolare grotta
de La esquina de las mantas,
un passaggio nel canale del mar de fundo, dalla
forte risacca. All'uscita ci si attacca letteralmente
alla roccia de la estación de limpieza,
in attesa. Niente mante, ma una lotta all'ultimo sangue
viene ingaggiata contro la corrente feroce per tenersi
stretto l'erogatore con i denti e aggrapparsi con tutti
gli arti alla parete ricoperta di ricci, che infilzano
impietosi la carne dei temerari subacquei.
Degna conclusione per un luogo così selvaggio,
in balìa delle forze della natura.