E' cominciata la stagione delle
piogge. Sana'a si sveglia sotto
una fitta coltre di nubi che avvolge le cime dello
Jebel Nuqum, il monte che la
circonda proteggendola. Le strade si gonfiano.
Le precipitazioni torrenziali allagano i canali,
le viuzze dell'old city. Lo scalpiccio
dei passanti diventa guado, giochi d'acqua, refrigerio.
Le auto si fermano. Solo i pick up Toyota, dalle
alte sospensioni, attraversano le vie principali
come in un rally, come in un rafting sul fiume,
il fiume nella città. E non a caso questi
furgoncini sono adibiti a taxi collettivi, con
la formula del car sharing, così
poco praticata nel pigro Occidente. Soltanto quando
sono pieni, partono per le loro destinazioni.
Sana'a bagnata e sgocciolante, inedita ed indolente.
Molte botteghe non aprono i battenti. Si aspetta
il ritorno del sole e ci si crogiola nella frescura.
Che, per altro, caratterizza questa valle in tutte
le stagioni. Sana'a é a 2400 metri d'altezza,
in un altipiano che gode del clima secco di montagna.
L'antica capitale dello Yemen,
con le sue case a torre costruite di mattoni d'argilla
cotti al sole e terra cruda, istoriate da balconcini
a merletto, sbircia il mondo dalle finestrelle
di alabastro, le finestre delle donne. Osservatorio
privilegiato per il celato e protetto mondo femminile,
che può guardare l'esterno senza essere
visto all'interno. E' una delle meraviglie di
Sana'a, meraviglia nella doppia accezione di stupore
e di bellezza. Questi antesignani dei moderni
grattacieli, veri e propri gioielli architettonici
e capolavori di ingegneria edile, hanno ciascuno
non meno di cinque - sei piani. Mura lavorate
in gesso immacolato, porte di legno massiccio
con grandi chiavistelli incassati nella parete,
che serrano le stanze dall'esterno, e, come se
non bastasse, in aggiunta le grandi serrature,
dove gli uomini girano pesanti chiavi di metallo,
a nascondere, occultare, tutelare gelosamente
un'intimità posseduta. Porte dai bassi
stipiti ad arco, scalinate dagli alti gradini,
di pietra. Ci si arrampica fino al terrazzo che
sovrasta, sovrano, giardini e minareti. Il richiamo
del muezzin rompe il ritmo cadenzato
delle gocce d'acqua sulle lastre lucide e fangose
delle strade. Al-Jamaa-Al-Kabir,
una delle moschee più antiche dell'Islam,
si popola di fedeli oranti. Il decoro per una
straniera in visita passa attraverso l'abaja
e il velo da indossare prima di entrare,
rigorosamente scalzi. Deve essere stato tutto
questo ad affascinare Pier Paolo Pasolini, in
Yemen per girare alcune scene del suo film "Le
Mille e una notte" negli anni '70. Rapito
dalla sua bellezza, realizzò un cortometraggio
dal titolo "Le mura di Sana'a" per appellarsi
all'Unesco affinché la capitale dello Yemen
fosse dichiarata Patrimonio dell'Umanità,
fatto che si realizzò nel 1986.
All'improvviso, il sole riappare. Dall'asfalto
caldo si sprigionano nubi di vapore. Pioggia che
evapora.
Bab-al-Yaman, l'ultima porta
fortificata superstite dell'antica cinta muraria,
asseconda l'invisibilità. Dall'alto si
domina la visuale della città vecchia e
si rubano, colpevolmente, ritratti proibiti, di
donne velate, di vecchi con turbanti e di uomini
che ostentato virilità con la djambya
alla cintura. E' una profanazione che a volte
diverte, e le ragazze più audaci guardano
in alto, smascherano i ladri d'immagine e sorridono,
compiaciute, lusingate, con il gusto irriverente
della trasgressione. In strada, al contrario,
sono i coetanei maschi a rivendicare di essere
immortalati. Si mettono in posa, orgogliosi e
fieri, e basta loro vedersi ritratti per essere
appagati. Non manca chi chiede soldi per uno scatto,
una donna nel tipico abbigliamento tradizionale
yemenita, pieno di colori sgargianti in contrasto
con il nero integrale delle arabe. Non é
uno scandalo, e neppure un fatto immorale. In
fondo, una foto é pur sempre il furto di
un'anima, soprattutto nei paesi mussulmani, dove
é buona educazione e segno di rispetto
chiedere il permesso.
A pochi chilometri fuori dalla
capitale, Bayt Baws é
un antico villaggio costruito sulle cime di faraglioni
montuosi. Conserva ancora le incisioni del periodo
Sabeo sulle pareti rocciose. Qui il ritmo quotidiano
é cadenzato dalle attività di raccolta
dell'acqua con le taniche, abilmente trasportate
dalle donne sulla testa. Muli e figli le accompagnano
in questa incombenza, massacrante per il caldo
e la fatica di arrancare sui ripidi viottoli scoscesi
che separano le case dai pozzi. I bambini s'improvvisano
guide turistiche nella speranza di ottenere qualche
riyal, ma sarebbe solo dannoso dare loro
soldi, perché smetterebbero di andare a
scuola. Molto meglio essere muniti di penne, matite
e quaderni, utili per la loro istruzione. Percorrendo
l'argine del Wadi Dhahr,
il letto di un torrente secco che si riempie d'acqua
durante la stagione delle piogge, si giunge, attraverso
verdi vallate coltivate a qat,
a Dar al-Hajar, il Palazzo sulla
Roccia. E' posto sulla cima di una montagna ed
é una sfida alle leggi della fisica e alla
forza di gravità. Spettacolare monumento,
simbolo dello Yemen, fu ricostruito dal califfo
Al-Mansur. La casa dell'Imàm,
per il fascino della posizione e l'altezza ardita
che si staglia al cielo, non smette di affabulare
chiunque lo veda da oltre tre secoli.
La distanza che separa Sana'a dal porto di Salif,
sul versante occidentale del paese, si copre transitando
su strade tortuose che si inerpicano fino a tremila
metri d'altezza. Lungo il percorso, mercati affollati
e chiassosi per la compra vendita di pecore e
capre. Uomini armati di Kalashnikov si fanno largo
tra la folla stipati sul cassone posteriore dei
pick up Toyota, in piedi, a sovrastare la confusione
delle contrattazioni. I posti di blocco militari,
per il controllo dei documenti, sono numerosi
e puntigliosi. Ricalcano un codice di riconoscimento
reciproco tra le diverse tribù e le loro
sovranità territoriali. A fatica gli automobilisti
si adeguano alla nuova normativa che prescrive,
da due mesi, l'uso delle cinture di sicurezza,
un obbligo che fa sorridere a fronte di una guida
disinvolta e anarchica che, il più delle
volte, non tiene conto del corretto senso di marcia!
Il panorama spazia da estesi campi di coltivazione
a terrazza, a piste polverose che costeggiano
wadi di fiume, a tratti desertici. La sosta ad
Al Hajjara, paesino arroccato
sul ciglio di un dirupo a mille metri d'altezza,
ricrea atmosfere da fiaba. I fichi d'India pennellano
questa tela con chiazze di un colore verde intenso.
I muli, le mucche e le pecore al pascolo definiscono
una povera realtà agreste, di costumi arcaici.
Tanto che le anziane del villaggio vestono le
poche forestiere in visita del tipico velo yemenita,
invitandole ad acquistarlo. L'ultima tappa prima
del tratto finale verso il Mar Rosso é
a Manaka, per un caratteristico
pranzo seduti a terra tra cuscini e tappeti preziosi.
Durante una pausa forzata nel traffico, un ragazzo
si avvicina al finestrino e offre collane di fiori,
bianchi, freschi. Prima che l'auto riparta, ne
dona una, in regalo. Accoglienza e senso dell'ospitalità,
un segno di benvenuto allo straniero che, a dispetto
di tutti gli avvertimenti di pericolo, ha scelto
di viaggiare in questo splendido paese. Di cui
la collana di fiori sprigiona il profumo inebriante.
Paola Ottaviano