Materiali da Yemen


::Luglio 2010::

Yemen

Sana'a e dintorni

Update: Settembre 2011, vista la situazione di instabilità politica del paese, prima di intraprendere qualsiasi viaggio, si consiglia di consultare i vari siti di informazione internazionali. www.viaggiaresicuri.it

E' cominciata la stagione delle piogge. Sana'a si sveglia sotto una fitta coltre di nubi che avvolge le cime dello Jebel Nuqum, il monte che la circonda proteggendola. Le strade si gonfiano. Le precipitazioni torrenziali allagano i canali, le viuzze dell'old city. Lo scalpiccio dei passanti diventa guado, giochi d'acqua, refrigerio. Le auto si fermano. Solo i pick up Toyota, dalle alte sospensioni, attraversano le vie principali come in un rally, come in un rafting sul fiume, il fiume nella città. E non a caso questi furgoncini sono adibiti a taxi collettivi, con la formula del car sharing, così poco praticata nel pigro Occidente. Soltanto quando sono pieni, partono per le loro destinazioni. Sana'a bagnata e sgocciolante, inedita ed indolente. Molte botteghe non aprono i battenti. Si aspetta il ritorno del sole e ci si crogiola nella frescura. Che, per altro, caratterizza questa valle in tutte le stagioni. Sana'a é a 2400 metri d'altezza, in un altipiano che gode del clima secco di montagna. L'antica capitale dello Yemen, con le sue case a torre costruite di mattoni d'argilla cotti al sole e terra cruda, istoriate da balconcini a merletto, sbircia il mondo dalle finestrelle di alabastro, le finestre delle donne. Osservatorio privilegiato per il celato e protetto mondo femminile, che può guardare l'esterno senza essere visto all'interno. E' una delle meraviglie di Sana'a, meraviglia nella doppia accezione di stupore e di bellezza. Questi antesignani dei moderni grattacieli, veri e propri gioielli architettonici e capolavori di ingegneria edile, hanno ciascuno non meno di cinque - sei piani. Mura lavorate in gesso immacolato, porte di legno massiccio con grandi chiavistelli incassati nella parete, che serrano le stanze dall'esterno, e, come se non bastasse, in aggiunta le grandi serrature, dove gli uomini girano pesanti chiavi di metallo, a nascondere, occultare, tutelare gelosamente un'intimità posseduta. Porte dai bassi stipiti ad arco, scalinate dagli alti gradini, di pietra. Ci si arrampica fino al terrazzo che sovrasta, sovrano, giardini e minareti. Il richiamo del muezzin rompe il ritmo cadenzato delle gocce d'acqua sulle lastre lucide e fangose delle strade. Al-Jamaa-Al-Kabir, una delle moschee più antiche dell'Islam, si popola di fedeli oranti. Il decoro per una straniera in visita passa attraverso l'abaja e il velo da indossare prima di entrare, rigorosamente scalzi. Deve essere stato tutto questo ad affascinare Pier Paolo Pasolini, in Yemen per girare alcune scene del suo film "Le Mille e una notte" negli anni '70. Rapito dalla sua bellezza, realizzò un cortometraggio dal titolo "Le mura di Sana'a" per appellarsi all'Unesco affinché la capitale dello Yemen fosse dichiarata Patrimonio dell'Umanità, fatto che si realizzò nel 1986.
All'improvviso, il sole riappare. Dall'asfalto caldo si sprigionano nubi di vapore. Pioggia che evapora.
Bab-al-Yaman, l'ultima porta fortificata superstite dell'antica cinta muraria, asseconda l'invisibilità. Dall'alto si domina la visuale della città vecchia e si rubano, colpevolmente, ritratti proibiti, di donne velate, di vecchi con turbanti e di uomini che ostentato virilità con la djambya alla cintura. E' una profanazione che a volte diverte, e le ragazze più audaci guardano in alto, smascherano i ladri d'immagine e sorridono, compiaciute, lusingate, con il gusto irriverente della trasgressione. In strada, al contrario, sono i coetanei maschi a rivendicare di essere immortalati. Si mettono in posa, orgogliosi e fieri, e basta loro vedersi ritratti per essere appagati. Non manca chi chiede soldi per uno scatto, una donna nel tipico abbigliamento tradizionale yemenita, pieno di colori sgargianti in contrasto con il nero integrale delle arabe. Non é uno scandalo, e neppure un fatto immorale. In fondo, una foto é pur sempre il furto di un'anima, soprattutto nei paesi mussulmani, dove é buona educazione e segno di rispetto chiedere il permesso.
A pochi chilometri fuori dalla capitale, Bayt Baws é un antico villaggio costruito sulle cime di faraglioni montuosi. Conserva ancora le incisioni del periodo Sabeo sulle pareti rocciose. Qui il ritmo quotidiano é cadenzato dalle attività di raccolta dell'acqua con le taniche, abilmente trasportate dalle donne sulla testa. Muli e figli le accompagnano in questa incombenza, massacrante per il caldo e la fatica di arrancare sui ripidi viottoli scoscesi che separano le case dai pozzi. I bambini s'improvvisano guide turistiche nella speranza di ottenere qualche riyal, ma sarebbe solo dannoso dare loro soldi, perché smetterebbero di andare a scuola. Molto meglio essere muniti di penne, matite e quaderni, utili per la loro istruzione. Percorrendo l'argine del Wadi Dhahr, il letto di un torrente secco che si riempie d'acqua durante la stagione delle piogge, si giunge, attraverso verdi vallate coltivate a qat, a Dar al-Hajar, il Palazzo sulla Roccia. E' posto sulla cima di una montagna ed é una sfida alle leggi della fisica e alla forza di gravità. Spettacolare monumento, simbolo dello Yemen, fu ricostruito dal califfo Al-Mansur. La casa dell'Imàm, per il fascino della posizione e l'altezza ardita che si staglia al cielo, non smette di affabulare chiunque lo veda da oltre tre secoli.
La distanza che separa Sana'a dal porto di Salif, sul versante occidentale del paese, si copre transitando su strade tortuose che si inerpicano fino a tremila metri d'altezza. Lungo il percorso, mercati affollati e chiassosi per la compra vendita di pecore e capre. Uomini armati di Kalashnikov si fanno largo tra la folla stipati sul cassone posteriore dei pick up Toyota, in piedi, a sovrastare la confusione delle contrattazioni. I posti di blocco militari, per il controllo dei documenti, sono numerosi e puntigliosi. Ricalcano un codice di riconoscimento reciproco tra le diverse tribù e le loro sovranità territoriali. A fatica gli automobilisti si adeguano alla nuova normativa che prescrive, da due mesi, l'uso delle cinture di sicurezza, un obbligo che fa sorridere a fronte di una guida disinvolta e anarchica che, il più delle volte, non tiene conto del corretto senso di marcia! Il panorama spazia da estesi campi di coltivazione a terrazza, a piste polverose che costeggiano wadi di fiume, a tratti desertici. La sosta ad Al Hajjara, paesino arroccato sul ciglio di un dirupo a mille metri d'altezza, ricrea atmosfere da fiaba. I fichi d'India pennellano questa tela con chiazze di un colore verde intenso. I muli, le mucche e le pecore al pascolo definiscono una povera realtà agreste, di costumi arcaici. Tanto che le anziane del villaggio vestono le poche forestiere in visita del tipico velo yemenita, invitandole ad acquistarlo. L'ultima tappa prima del tratto finale verso il Mar Rosso é a Manaka, per un caratteristico pranzo seduti a terra tra cuscini e tappeti preziosi.
Durante una pausa forzata nel traffico, un ragazzo si avvicina al finestrino e offre collane di fiori, bianchi, freschi. Prima che l'auto riparta, ne dona una, in regalo. Accoglienza e senso dell'ospitalità, un segno di benvenuto allo straniero che, a dispetto di tutti gli avvertimenti di pericolo, ha scelto di viaggiare in questo splendido paese. Di cui la collana di fiori sprigiona il profumo inebriante.

Paola Ottaviano

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