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Editoriale
L'altro
Yucatán
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::Agosto
2005::
Yucatán,
terra dei maya.
La continuità con gli antenati, i fondatori dell'antico
impero, si rintraccia negli yucatechi nella forte identità
culturale che ne differenzia il carattere da tutti gli
altri messicani. Non indios, termine che presuppone
una sottile vena razzista, ma indigenos, discendenti
diretti dell'etnia maya.
Riservati, dissimulano la loro innata timidezza con risolini
un pò imbarazzati, ma in nessuna circostanza dimenticano
il saluto e la stretta di mano, a prescindere dalla conoscenza
diretta di chi incontrano. Buenos dias e buenas
tardes, dunque, sono un codice di cortesia da adottare
in ogni frangente, per strada, in autobus, nei bar e in
ogni luogo. Lo si impara imitando, lasciandosi contagiare
gentilmente dal comporta
mento
di chi, in quel momento e in quel paese, ci sta ospitando.
E va imitato il sorriso delle donne dello Yucatán,
che si rivolgono alle donne, in un ammiccamento di complicità
che sorprende e incoraggia, così lontano dai nostri
atteggiamenti difensivi e competitivi.
E vanno imitati anche quando si capisce che la cortesia
di cui ci fanno dono non sottende ad alcuna forma di compiacenza
o servilismo, che tanto piace a noi gente del mondo ricco
e portatore di valori assoluti. Gli yucatechi sanno essere
fermi e puntuali, come quando, finito l'orario di lavoro,
non derogano neanche di un secondo alla chiusura dell'attività,
nonostante le rimostranze di un occidentale irritato e
un potenziale ulteriore compenso.
O quando esprimono il loro forte orgoglio nel non chiedere
la propina, la mancia, prassi consolidata e obbligatoria
ovunque. Semplicemente si girano dall'altra parte e mai
lo dimenticheranno.
Vanno imitati nell'assenza di pregiudizi sessuali, che
li porta ad astenersi da quegli atteggiamenti tipici del
machismo dei tiburones del
Norte del paese.
E vanno imitati anche quando traspare la mancanza di un
vero contatto che vada al di là della gentilezza
dell'accoglienza. Solo quando sono tra loro si lasciano
andare alla loro vera natura, in una condivisione identitaria
di appartenenza.
Sta a noi, semmai, il compito di rispettare i limiti,
con una sorte di umiltà, che impedisca l'invadenza
e ci permetta, forse, di conquistare la loro fiducia e
il loro rispetto.