Materiali dall'ecuador Galapagos


::Luglio 2018::

Ecuador
Crociera alla Riserva Marina delle isole Galápagos

E' allarme caldo in Italia. Quel caldo infernale e rovente che rende l'aria irrespirabile in questa fine di luglio. Si boccheggia, ci si rassegna, tentando di sopravvivere alla meno peggio. Pensare che solo venti giorni fa ero sferzata dal vento gelido che soffiava sul Pacifico, quell'oceano che mi raggelava a trenta metri di profondità. Pensare che venti giorni fa ero su un'imbarcazione da crociera che sfidava i marosi circumnavigando le isole Galápagos. In Italia ora è caldo asfissiante e la nostalgia del freddo oceanico delle Galápagos si fa ancora più struggente.
Da quanto tempo ci pensavo? Quante volte avevo tentato l'impresa? Però, nei nostri mesi invernali si rischiava di non vedere lo squalo balena, nei nostri mesi estivi le condizioni meteo marine erano drammatiche. Mi mancavano solo le isole Galápagos per unire l'ultimo segmento di quella figura geometrica immaginaria chiamata "triangolo d'oro del Pacifico orientale", una sorta di teorema di Pitagora degli squali che ha come cateti le isole Coco e Malpelo e come ipotenusa Wolf e Darwin.
Forse per trovare una soluzione accettabile, una situazione ideale che conciliasse la più alta possibilità di avvistamenti della fauna marina e condizioni del mare sopportabili, il momento migliore avrebbe potuto essere quello intermedio, il periodo di transizione tra una stagione e l'altra, che alle Galápagos corrisponde alla fine di giugno e agli inizi di luglio, quando si passa dal tempo caldo e piovoso a quello fresco e secco. Rimaneva da risolvere il problema del freddo sott'acqua.
Il caso non è mai casuale. Non a caso, infatti, mi capitava di trovare una muta semistagna nel mio negozio di attrezzature subacquee. Era una rimanenza in promozione e mi vestiva come un guanto, sembrava che me l'avessero cucita addosso. Questo succedeva, non per caso, qualche mese prima e ricordo che esclamai: "Adesso posso andare alle Galápagos!".
Continuavo a rimuginare. Mi stavo preparando, ero concentrata a sentire quello che il mio istinto mi stava suggerendo.
Monitoravo costantemente il sito delle crociere subacquee alle Galápagos, ce n'era una sulla barca chiamata Nortada che corrispondeva esattamente alle mie esigenze. Solo quattro cabine per un massimo di otto partecipanti e l'itinerario che includeva le isole occidentali, Isabela e Fernandina, oltre alle irrinunciabili Wolf e Darwin. Scrissi così alle ragazze di Nosytour, con cui avevo fatto altri bellissimi viaggi, per domandare se a luglio ci fosse qualcosa in promozione. I costi sono alti, magari c'è la possibilità di risparmiare. E così fu, l'armatore aveva fissato un prezzo scontato per la partenza del sei luglio. Mi dissero che sarebbe stato meglio confermare al più presto per usufruire anche di una tariffa aerea di classe economica. Cosa mi serve ancora se non riconoscere i segnali e rompere gli indugi? Il mio istinto dice sì, io parto, da sola, alla ventura, per il luogo più mitico del pianeta.
Aeroporto di Baltra. Sono arrivata alle isole Galápagos, in Ecuador, in Sudamerica. Qui sono sette ore indietro rispetto all'Italia, il clima è fresco e ventoso. L'atmosfera è dolce, gli ecuadoriani sorridenti. Da quanto tempo non venivo da queste parti! L'ultima volta era stata tre anni fa quando avevo visitato Panama e Malpelo in Colombia. L'ultima volta era stata venti anni fa, quando avevo visitato le Galápagos con una crociera che faceva tappa sulle diverse isole per ammirare l'habitat delle specie endemiche di questo santuario della biodiversità unico al mondo. Una crociera di terra dunque. Ora mi apprestavo a imbarcarmi su una crociera di mare. Diverso, forse, ma non nella prima impressione. La melodia dell'idioma spagnolo con quell'accento sudamericano soave, suadente, quelle voci dal tono sommesso che ti sussurrano lievi, intime, la gioia negli occhi e la dolcezza nei sorrisi, gentilezza e semplicità. Me ne ero dimenticata ma tornano a galla come un antico rigurgito di sensazioni mai sopite, neanche dopo anni di ininterrotta erosione della buona educazione perpetrata dalla nuova cultura dell'aggressività e dell'intolleranza delle nostre ciniche e spietate nazioni avanzate. Ritorno all'anima, al cuore, e non sapevo ancora quanto. 
Dopo aver attraversato il canale che separa Baltra da Santa Cruz e aver percorso quarantadue chilometri con il pick-up Toyota, raggiungo Puerto Ayora e da lì, a bordo del gommone qui chiamato "panga", mi trasferisco sulla Nortada, la barca da crociera che sarà la mia casa per i prossimi dieci giorni. Sono l'ultima arrivata, l'unica italiana e l'unica donna sola, così che mi ritrovo in una splendida cabina tutta per me. Cominciamo bene! 
Sette compagni d'avventura, da tutte le parti del mondo, e la "tripulación", l'equipaggio ecuadoriano composto dai sei membri di bordo, il cuoco Pedro che mi cucina quello che voglio assecondando tutti i miei capricci gastronomici, il responsabile di cabina soprannominato Ramazzotti dal nome di un famoso cantante italiano, il macchinista Felipe, il comandante Jeffrey e i due "pangueros" El Diablo e David che ci scorrazzano con i gommoni in tutti i siti d'immersione sfidando onde e correnti marine. E Jaime, la guida subacquea che c'incanta con i briefing pre-immersione narrandoci la storia di queste isole iconiche e spiegandoci le caratteristiche morfologiche e oceaniche di ogni sito. Con sua figlia Desiree ci guida quattro volte al giorno alla scoperta delle meraviglie sottomarine, mostrandoci le specie endemiche che solo qui puoi vedere, che solo una volta nella vita puoi incontrare. Ma è l'atmosfera a bordo che fa la differenza. Allegria e musica, canzoni e risate, si balla non solo a causa dell'onda lunga del Pacifico, ma perché è così che si vive qui, con gioia e semplicità, con la passione per la vita nella sua accezione più naturale. Io sono Italia, questo è il mio nome, anche nelle situazioni più formali come quando, in perfetto stile sudamericano, l'equipaggio in uniforme si presenta agli ospiti con quell'educazione ed eleganza che danno la misura del rispetto dovuto a chi non si conosce. E per rispetto dell'unica altra persona di origine latina, vengo onorata dell'appellativo di provenienza in una sorta di sineddoche per somiglianza. Qui l'Italia ancora evoca un paese di affinità culturale con le valenze di affettività condivisa, caratteristica che oggi rischia di sparire come una specie in via di estinzione. 
E' una lotta all'ultimo sangue quella che ingaggio ogni giorno per infilarmi quella muta armatura che mi sega il collo e mi blocca la circolazione del sangue. David si offre di aiutarmi a infilarla e a sfilarla, una tortura che subisco in silenzio terrorizzata dalla paura di morire di freddo sott'acqua. Non solo questo non accade grazie allo strato di sette millimetri della semistagna, ma anche e soprattutto grazie al fervore "caliente" del mio "panguero" che trasforma la tortura in un rituale seducente quando mi mette addosso le sue mani sapienti avvolgendomi in una voluttuosa spirale di piacere e dolore. E una volta immersa, il piacere diventa doloroso davvero, tanta è la bellezza che mi si presenta davanti.

Lo so, non sto dicendo niente di nuovo. Si sa, le Galápagos sono il posto più bello del pianeta. Ma non è solo questo, non è solo questione di quantità di pelagico, di varietà di pesce, di unicità di specie. Il mondo sottomarino delle Galápagos ha qualcosa che lo rende leggenda, è come entrare in una fiaba dove ridiventi bambina e spalanchi gli occhi dallo stupore. Ti trasformi in Alice nel paese delle meraviglie, non sai dove guardare prima e dovunque posi lo sguardo, non smetti di stupefarti, di sorprenderti, di strabiliarti. 
Trasecoli quando a Darwin Arch qualcuno suona e ti giri in quella direzione, vedi un'ombra che si materializza nella scarsa visibilità planctonica. Corri, corri a più non posso come se non ci fosse un domani, e ti ritrovi di fianco a un maestoso squalo balena di quindici metri che, invece di accelerare, decelera, per darti il tempo di raggiungerlo. Sei così vicina che rischi di spezzarti il collo per il movimento della coda, sinuoso e aggraziato come quello di una sirena. 
Sbigottisci quando nelle profondità glaciali di Punta Vicente Roca, dove l'acqua assume la tonalità più intensa del verde oliva, qualcuno suona e ti giri in quella direzione, vedi un'ombra tonda come la luna, schiacciata come un'ostia e due pinne che nuotano all'unisono. Corri, t'immergi a trentacinque metri per guardartelo da vicino, vedere quella sua boccuccia aperta a forma di cuore come se volesse baciarti. Il Mola mola, qui della sottospecie Mola alexandrini, ti si avvicina, ti sfiora per poi scappare via con uno scatto repentino, come se si fosse ricordato improvvisamente di un appuntamento. 
Sbalordisci quando a Wolf qualcuno suona e ti giri in quella direzione, vedi il banco, l'immagine simbolo, l'emblema delle Galápagos. Centinaia di squali martello smerlati che nuotano nel blu, tutti insieme, tutti sincronizzati. Si avvicinano gradatamente, cauti e curiosi al tempo stesso. Ti immobilizzi, sei lì, sospeso a mezz'acqua, incurante della corrente che trasporta gli esemplari di Sphirna lewini sempre più numerosi. Mi sposto e mi apparto dietro una roccia per assistere a questo spettacolo maestoso e registro, filmo, fotografo fino a immortalare il primo piano di una sentinella del gruppo che si stacca e mi viene di fronte per regalarmi l'ultima, grande, intensa emozione. 
Strabili quando a The Cave vedi che qualcuno si agita scompostamente e addita compulsivamente, ti giri in quella direzione e ti ritrovi in mezzo a dieci delfini tursiopi che si rincorrono, si corteggiano fino a trovare la propria compagna. Sono coppie che si sfiorano, come ad accarezzarsi gentilmente, ti vengono vicine, come a coinvolgerti nei loro giochi d'amore, lì, a fine immersione, a cinque metri dalla superficie quando tutti i subacquei sono già risaliti e tu resti da sola con loro che ti circondano in un carosello rocambolesco, resti lì ipnotizzata, con l'aria agli sgoccioli che ti fai bastare fino all'ultimo respiro.


Infine stupisci a Roca Blanca quando credi di sentire un sussurro, un impercettibile suono nel silenzio ovattato degli abissi marini e allora ti volti, aurei riflessi nel blu. Le "rayas doradas, golden rays" splendono rilucenti in mezzo all'azzurro. E' l'oro delle ali, del dorso e della testa bilobata che illumina l'acqua, rendendola preziosa come il metallo nobile che le riveste, i gioielli del Pacifico, razze dorate in aggregazione di trenta esemplari che mi ruotano intorno e mi fanno girare la testa.
La fauna endemica si declina con il suo proprio nome, come la "Conch de Galápagos", una splendida conchiglia dal mollusco scarlatto o il "Tiburón Galápagos", lo squalo affusolato che pattuglia il fondale vulcanico circondato da miriadi di pesci pulitori. Il “Tiburón gata de Galápagos”, una specie di squalo risalente al Giurassico, sopravvive ancora qui a testimonianza dell’eccezionalità di questo luogo. Lo vedi nascosto sotto le rocce, mimetizzato, piccolo e buffo, tutto maculato con la tipica testa di toro, che si muove con brevi e pigre nuotate come camminasse sulla sabbia. Ma non puoi mai stare tranquillo perché mentre sei intento a osservare serpenti tigre e anguille giardino, qualcuno si precipita dall'alto, ti raggiunge con una velocità impressionante e si esibisce in piroette e giravolte piazzandosi davanti alla tua faccia, poi girandoti intorno con una tale leggiadria che per seguirlo dovresti svitarti il collo e farlo roteare di trecentosessanta gradi come la posseduta dell'Esorcista. Il leone marino, dispettoso e giocherellone, scanzonato e burlone, ti provoca, ti disorienta, ti mette in confusione e poi torna da dove è venuto a respirare in superficie. Scovi il pesce falco gigante che dorme a occhi aperti adagiato sui sassi come un fachiro, i trigoni intenti a ricoprirsi di sabbia come se fossero alle terme per un bagno di fanghi, ti lanci in mezzo a milioni di sardine "salemas", un fiume di pesci nell'oceano e alla fine, malgrado non sia la stagione giusta, scorgi un'ombra che oscura la luce, guardi in alto e una splendida manta gigante ti sorvola la testa come a dire "ci sono anch'io"! Chi manca all'appello? Quello che non vedo sott'acqua, appare sopra l'acqua, con le tartarughe verdi che fanno capolino tra i flutti, le mobule che si lanciano piroettando in aria prima di precipitare fragorosamente e masse informi di iguane marine che si abbarbicano sulle rocce di lava nera in un'immagine preistorica condivisa con i cormorani e le sule mascherate. Mi piazzo sul ponte della Nortada durante le traversate, il viso sferzato dal vento e scorgo alte pinne nere che solcano il mare. Che siano loro? Appaiono e scompaiono tra le onde e nessuno mi toglie dalla testa che quelle pinne dorsali appartengano alle orche che partecipano della natura unica di questo microcosmo di biodiversità. E' infatti qui a Isabela che non di rado si incontrano, qui dove il capitano si ferma indicandoci il punto esatto. L'isola di Isabela, che si è formata in tempi relativamente recenti, si trova proprio a cavallo della linea dell'equatore e si staglia esattamente sul punto caldo della corrente equatoriale profonda bloccandone il flusso verso est. Di conseguenza, questa fredda corrente sottomarina risale in superficie trasportando sostanze preziose che alimentano l'habitat unico delle isole occidentali, Isabela e Fernandina, con le sue gelide acque ricche di nutrienti.
Si riparte. In compagnia delle sule dalle zampe azzurre, che mi fissano e mi gracchiano contro appollaiate sulla balaustra della prua, mi stendo sui materassi a guardare l’orizzonte. Le immagini di questa crociera straordinaria mi passano davanti come sequenze di un film. L'arco di Darwin, una roccia in mezzo al mare scolpita dal vento, il rosso incandescente dei vulcani che eruttano lava in lontananza, la palla infuocata del sole che sale all'alba sull'oceano quando tutti ancora dormono e scende al tramonto sull'oceano quando tutti si sono congedati.
Già, il congedo. L'ultima sera. L'equipaggio al completo ci riunisce nel salone per il brindisi dell'ultima notte a bordo. Ci saluta con quell'educazione ed eleganza della calda cultura sudamericana e ci ringrazia per la splendida crociera vissuta insieme. Jaime dice che è un sentimentale. Comincia la commozione, quella che non si riesce a trattenere, le lacrime nascoste, gli abbracci avvolgenti. Non riesco a staccarmi, non riesco a dimenticare, neanche adesso, in Italia, io, Italia, la "reina" della Nortada. 
Ora qui è caldo asfissiante e il ricordo del freddo oceanico delle Galápagos continua a struggermi di nostalgia.

Questo/a opera č pubblicato sotto una Licenza Creative Commons. | info@ | Disclamer | Policy privacy |