Materiali dal Mozambico


:: Agosto 2006 ::

Mozambico - Africa nera vera

Arrivando in Mozambico via terra dal Sudafrica, l’impatto è sconcertante. Già le pratiche doganali per il visto d’ingresso catapultano il viaggiatore in una dimensione di caos, dove tutti si riversano disordinatamente agli sportelli senza la minima concezione di file o precedenze acquisite. Trovare gli sportelli di per sé è un’impresa, dato che nessuno accenna minimamente ad indicarli. Dopo aver schivato qualche ragazzino che si prodiga a voler “aiutare” i turisti in transito, nella speranza di ricevere un minimo compenso, la strada verso Maputo, la capitale, tradisce subito le sue caratteristiche di pista polverosa e piena di insidie, mettendo alla prova anche il più esperto dei guidatori. A tratti il percorso si rivela un vero e proprio rally, nell’instancabile e continua sfida ad evitare buche grandi come crateri. E pensare che la EN 1, che prosegue fino a Vilanculos e oltre, è l’unica strada asfaltata di tutto il paese. Asfaltata, si fa per dire…!
I numerosi lavori in corso costringono spesso a deviazioni su piste di sabbia rossa, che si snodano tra maestosi baobab e altri non meglio identificati materiali che vanno in fumo, bruciati periodicamente per creare terreno di nuove colture o per eliminare i rifiuti.
I lati della strada sono disseminati di fascine di legname, ordinatamente preparate, poveri mezzi di riscaldamento per la notte, accesi nelle aie antistanti le capanne. Un poco di calore, a scaldare le fredde notti dell’inverno (la nostra estate) per un breve lasso di tempo, fino a quando dura….
La strada è la vita. La gente cammina in mezzo alla pista polverosa, a volte venendoti incontro, in un’incomprensibile tendenza al gusto di sfidare la velocità di chapas, auto o fuoristrada. A rifletterci bene tuttavia appare chiaro che la strada è il solo luogo delle “possibilità”, degli “accadimenti”, quando si attraversano piccoli villaggi dove l’unico posto per sedersi, ad aspettare un autobus o a vendere frutta e noci, è la nuda terra.
Le donne mozambicane si muovono come giraffe. Sinuose, si accollano l’onere di caricarsi sulla testa pesanti secchi d’acqua e lunghissime fascine di legna in un equilibrio invidiabile e inspiegabile, sfidando le leggi della fisica. Sulla schiena portano i bambini, assicurati al loro corpo da teli colorati legati sul davanti. E i bambini, così avvolti alle loro mamme, non piangono, non piangono mai.
Le donne del Mozambico guardano dritte negli occhi. Non sorridono, fissano con sguardi duri, implacabili, a volte astiosi, o almeno così appare al viaggiatore occidentale che li interpreta col parametro del proprio disagio, con l’imbarazzo dell’individuo del mondo ricco che attraversa uno dei paesi più poveri del pianeta (anche se oggi ha una delle economie in più rapida espansione dell’Africa sub-sahariana).
Il Mozambico è il paese con il tasso di mortalità infantile (sotto i 5 anni d’età) più alta al mondo e dove l’aspettativa media di vita si attesta sui 45-50 anni.
Nei villaggi svettano grandi cartelli sulla malaria, con l’invito a lasciarla fuori della zanzariera, e sull’AIDS, i due flagelli che decimano la popolazione.
Ma un popolo che è uscito da pochi anni da una devastante guerra civile, dove ha dovuto combattere contro un movimento armato, Renamo, finanziato dai governi dell’apartheid sudafricano, un paese devastato da catastrofi naturali, quali l’inondazione del 2000 che ha provocato danni inestimabili e migliaia di morti, è un popolo orgoglioso.
E se a noi non piace la mancanza di compiacenza e la serietà ci appare sinonimo di ostilità, forse dovremmo rivisitare alcuni giudizi dettati dai nostri preconcetti e arricchirci di altri strumenti, quali la conoscenza e il rispetto per l’alterità.
Il Mozambico è un paese difficile, dai forti contrasti. E’ un paese ancora non addomesticato, autenticamente selvaggio e provoca sentimenti forti.
E’ difficile viaggiare in Mozambico. Lo si odia spesso per gli ostacoli, la fatica e la lentezza esasperante che ci irrita, noi ormai conformati a ritmi di vita frenetici e innaturali.
Ma lo si ama quando lo si lascia, perché entra nel sangue e ci si sorprende a provare nostalgia di quella lentezza così indolente, così avvolgente…
Ci si sorprende a provare quella nostalgia di cose vere.
Vere come il Mozambico.

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