Non fa caldo a Ilha do Pico in agosto, specie
al mattino presto, quando ci si alza che albeggia per imbarcarsi alla ventura. Madalena è ancora immersa nel torpore di un'aurora rosata,
preludio del sole che sorge. E' la prima uscita prevista dal pacchetto Shark
Expedition, spedizione con gli squali. Direzione Banco do Condor,
ad un'ora circa di navigazione dal porto turistico del Diving Centre. Questa
mattina la sorte ha estratto il Nalinka, il gommone di 7,5 metri affusolato,
idrodinamico e veloce, perfetto in condizioni di oceano aperto e con ottima
tenuta in caso di vento. Cavalca le onde come un cavallone di mare, facendo
sobbalzare i subacquei a bordo come su una giostra. Attaccati al corrimano di
fronte ai seggiolini per non finire in acqua e per accondiscendere al movimento
sussultorio che attutisce i colpi. Nel mezzo dell'immenso assoluto, il capitano
identifica il sito, El Condor, la vetta di una montagna sottomarina. Spegne
il motore e da inizio al rituale della pasturazione. Sangue e interiora di pesce
colorano l'acqua di rosso. La cerimonia segue il ritmo cadenzato di una litania,
lunga, soporifera, orante. E' una preghiera, un'invocazione. S'implora l'apparizione,
che il miracolo si compia!
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I minuti trascorrono lenti, flemmatici, letargici.
Gli ospiti si accasciano sui bordi del gommone, nella disperata ricerca di un
po' di comfort. L'attesa rivela tutta l'inadeguatezza del mezzo, così
efficiente nel movimento, altrettanto carente nell'immobilità. Scoperto,
senza servizi e dondolante in preda alla risacca, costringe i presenti ad elaborare
complicati giochi di prestigio per ripararsi la testa dal sole cocente, per
immergersi a mezzo busto quando i bisogni fisiologici non trovano più
resistenza. Manovre complicate per togliersi di dosso le mute pesantissime,
surriscaldate dalla calura, e poi rinfilarle a rischio di disidratazione e di
insolazione. Questa mattina gli squali si fanno pregare. E le preghiere si trasformano
in suppliche dopo la quinta ora di inutile aspettativa. Invano. Il mare è
attraversato dal salto pirotecnico di un calamaro volante, raro! La pinna di
un pelagico rompe la superficie, guardingo, circospetto. E' uno squalo mako, che annusa l'odore del sangue. Dovrebbe restare lì,
per dare il via alle danze sottomarine. E invece scompare, come a prendersi
gioco di quelli che l'aspettano da ore. Tant'è, il tempo è scaduto.
Si riproverà domani.
La mattina seguente la musica è cambiata. L'imbarcazione sorteggiata
è il Mermaid, coperta e con WC marino. Che sollievo, ci si può
anche permettere di bere! L'Atlantico si è placato nella notte, la giornata
è magnifica, le condizioni meteo-marine ottimali. C'è un altro
natante ancorato al Condor, parla concitatamente con il capitano, gli squali
sono già lì, in frenesia, in attività. Presto fatto, chiuse
le lampo, infilati i cappucci, inforcati i GAV con le bombole, dopo le ultime
raccomandazioni, giù, tutti in acqua. Quello che appare agli occhi sbalorditi
dei sommozzatori, è una scena da trasalimento, una sensazione da palpitazione.
Immersione nel blu, la visibilità è di 30 metri, con un'acqua
azzurra trasparente come il vetro soffiato. Ci si ancora, in fila verticale,
alle corde gettate dalla barca, e ci si aggrappa a ridosso dei bidoni pieni
di pesce, l'esca che lusinga, la lusinga che adesca. Sono tre, tre magnifici squali azzurri, Prionace Glauca, le verdesche, longilinee,
scattanti, eleganti. Nuotano nervose, curiose. Prima la prendono alla larga,
sondano il terreno, studiano gli avversari. Attratti dall'odore del sangue che
fuoriesce dai barattoli sospesi, fanno puntate repentine, a valutarne la veridicità,
a verificarne l'affidabilità. Poi, una volta rassicurate sulla loro indiscutibile
padronanza, si avvicinano spavalde, attaccano a morsi i contenitori di plastica,
li scuotono, li rovesciano. Corrono veloci e puntano dritti gli spettatori immobili,
paralizzati dall'incredulità, ipnotizzati dall'ammirazione. Le verdesche,
gli squali azzurri, dal dorso della tonalità dello zaffiro, puntano dritti,
non girano, non deviano il loro corso. Ti guardano negli occhi, ti sfidano,
ti sfiorano, ti vengono addosso. Curiosità, gioco, stabiliscono la gerarchia,
marcano il territorio. Impongono la supremazia. E c'è chi resta immobile,
li guarda dritti in faccia, senza abbassare lo sguardo, senza retrocedere di
un millimetro. Così, per un'ora intera, a tu per tu con il carcarinide
degli Oceani dalle acque temperate, in una sfida per la supremazia, senza paura,
senza tema di essere sopraffatti, ma con l'intento di entrare in contatto con
il predatore dei mari da pari a pari.
C'è invece chi cede alla tentazione di inseguirli, andando a zonzo per
questo mare di cristallo, su e giù, all'inseguimento, nuotandoci accanto,
sfidando il pericolo e le bolle che inesorabilmente riempiono la testa di inevitabili
accumuli d'azoto. Inutili gli appelli alla cautela. Ognuno si fa soverchiare
da un'emozione tanto travolgente, ciascuno a modo suo.
E pensare che quella stessa estate sulle coste del Tirreno, poco più
in là, si gridava all'allerta, terrorizzati dall'apparizione di uno squalo
azzurro vicino alle coste dell'Italia. Che pochezza di spirito! Quell'apparizione
doveva essere salutata come un miracolo, un regalo che il mare aveva donato
ai pochi fortunati che si erano imbattuti in un incontro così unico e
straordinario. Come alle Azzorre, come a Ilha do Pico, onde
a el Condor pasó o tubarão azul. |