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Vostri Materiali dall'Europa - Francia


Agosto 2016
Santuario Pelagos, Francia

Il triangolo dei cetacei nel cuore del Mediterraneo

E’ ferragosto. Non ho voglia di fare le solite cose. Ma quali solite cose? Io non faccio mai solite cose. E’ meglio dire che ho voglia di fare cose speciali, strane, non usuali. C’è un posto che ho scovato girando su Internet ed è dietro casa. Al confine. Giusto di fianco a noi, in Francia. L’ho scovato perché ho voglia di vedere i grandi cetacei e questo posto è uno dei pochi dove, oltre a vederli dalla barca, ti tuffi e ci nuoti insieme. Nager avec les dauphins en Méditerranée.
Scrivo a una delle due compagnie francesi che organizzano le escursioni in mare. Bateau Annett, c’è anche una promozione last minute con un grosso sconto. Chiedo se c’è disponibilità il quindici agosto. Dopo un po’ mi chiamano. Finalmente trovo qualcuno che parla l’inglese peggio di me, i francesi, si sa, parlano solo francese. Così, finalmente non sono in imbarazzo, anzi. Sfodero tutto il mio lessico anglosassone e ne faccio sfoggio. Ci sono la conferma della prenotazione e l’accordo sul pagamento con Carta di Credito di cui mando le cifre per via telematica camuffandole secondo un codice concordato al telefono. Speriamo bene! Adesso devo trovare il modo migliore e più conveniente per arrivarci. Il posto è a Mandelieu, una cittadina a mezz’ora da Cannes. C’è un treno internazionale che si chiama Thello. Va da Milano a Cannes e ci impiega sei ore. Perfetto. Prenoto l’alloggio per tre notti, deve essere vicino al luogo d’imbarco così posso raggiungerlo a piedi. Prendo quindi un appartamentino a Comfort Suite Cannes Mandelieu. L’alloggio è bellissimo e piuttosto costoso. D’altronde è in Francia, sulla Costa Azzurra ed è ferragosto, altissima stagione. Peggio di così! Ma non importa, risparmierò sul vitto.

A Ventimiglia il treno si ferma alla dogana. Salgono i poliziotti che setacciano i vagoni alla ricerca dei clandestini. Chiedono i documenti, invitano, anzi, ordinano con modi bruschi e imperativi ai pochi extracomunitari di scendere. Guardo dal finestrino. Stanno tutti in fila, in piedi, schiacciati contro il muro. Sembrano costretti davanti a un plotone d’esecuzione. Povera gente. Il treno riparte. Arrivo a Cannes di sera, l’autobus ha finito le corse, sono costretta a ricorrere al taxi che mi spara la solita cifra iperbolica. I tassisti sono uguali dappertutto. Discuto e contratto. Il mattino dopo alle otto mi presento al Bateau Annett. La barca è ormeggiata lungo un’ansa del fiume. Il capitano Thierry è esuberante, ridondante. Mette allegria con quel suo fare scanzonato e un po’ canzonatorio, molto francese. Si parte su un mare rilucente, illuminato dal solleone di ferragosto. Sulla barca non ce n’è uno che non sia francese e non ce n’è uno che non parli solo ed esclusivamente francese, eccezion fatta per una coppia di ragazzi che si gloriano di pronunciare qualche parola d’italiano, la nostra lingua esercita sempre un certo fascino. Riesumo le mie scarse cognizioni dell’idioma transalpino, mischiato a qualche francesismo, me la cavo alla meno peggio. La cosa fondamentale è che capisco perfettamente le indicazioni per godermi l’escursione. Dall’alto della torretta il capitano, in costante contatto con il velivolo che sorvola il mare in cerca di cetacei, parla al megafono e indica la direzione. Quando tutti sono pronti con muta, pinne e maschera, lui lancia il comando: “Sautez”! Tutti in acqua. I delfini blu e i delfini comuni corrono all’impazzata, difficilissimo stargli dietro. Ma se ci si ferma, immobili a guardare sotto la superficie, i mammiferi marini ripassano e ripassano più volte. E li vedi lì, di fronte a te, sotto di te, nell’azzurro del Mediterraneo.
Le ore trascorrono tra tuffi e riemersioni, bagni di sole e spuntini, in un’atmosfera sorridente e ridanciana. Gli avvistamenti si limitano alle diverse specie di Delfinidi, oggi niente balene, solo un branco di tonni in caccia. Peccato. Ma a pomeriggio inoltrato, quando il capitano vira per invertire la rotta sulla strada del ritorno, qualcosa si affaccia tra i flutti. Ci avviciniamo, ci sporgiamo dal ponte di poppa, tutti con la testa in giù. E’ venuta a respirare, con la testa in su, è una tartaruga Caretta Caretta che nuota seguendo la scia della barca. Ci infiliamo la muta in fretta e furia, inforchiamo le pinne, indossiamo la maschera e al segnale di Thierry, ci tuffiamo in acqua. Guardo in basso, con la macchina fotografica già accesa e impostata. La tartaruga è sparita, non c’è più, ma mi si para davanti agli occhi uno splendido, enorme, tondo Mola Molapoisson lune. E’ bianco come l’alabastro, sottile come un’ostia, del diametro di un astro notturno. Muove le pinne all’unisono, entrambe nella stessa direzione, con calma, lento, sdraiato. Coup de scene, colpo di scena! Clamoroso rovesciamento delle aspettative. Nessuno si sarebbe aspettato mai di stare faccia a faccia con un pesce luna di tre metri, per un quarto d’ora a pelo d’acqua. Questo Santuario del Mediterraneo, che si estende a triangolo tra la Francia, l’Italia e la Corsica, ha proprio il crisma della sacralità se racchiude in sé tali icone marine oggetti della più profonda venerazione.
Al ritorno lo staff del Bateau Annett invita i partecipanti al tour a sedersi intorno a un tavolo e offre un “apéritif des Iles”. Tutti sono su di giri, adrenalinici, sopra le righe, parlano concitatamente l’uno sopra l’altro. Se in condizioni normali qualcosa capivo, ora in un tale tourbillon di suoni, risate e sovrapposizioni di voci, non capisco proprio niente. E più bevo e meno capisco. Ma non ha alcuna importanza, perché l’atmosfera di sorpresa e di gioia che regna sovrana sull’ansa del fiume, all’ora del tramonto che colora di rosso il Santuario Pelagos, basta a coinvolgermi e a farmi partecipe dell’indimenticabile giornata trascorsa nel triangolo dei cetacei, qui, nel cuore del Mediterraneo.

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