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PANAMÁ ti resta nel cuore
di Francesco - www.go-to-panama.blogspot.com
Due
settimane lungo lo stretto, tra isole caraibiche e indigeni.
::Giugno
2007::
Finalmente a Panama. Una notte trascorsa all'aeroporto di Londra, perquisizioni
di ogni tipo e più di 40 ore di viaggio. L’emozione è
forte quando saliamo in cima alla terrazza dell’Hotel Caribe: una
vista mozzafiato. La città appare come una collana di grattacieli
che cinge la riva dell’oceano; alla fine della baia si intravedono
perfino le sagome degli edifici coloniali del quartiere più antico,
il Casco Viejo.
La mattina del primo giorno non resistiamo alla tentazione di fumarci
una sigarettina davanti a questo panorama, ma nemmeno il tempo di dire
"finalmente vacanza!" che inizia a scravassare (per i non veneziani
significa che viene giù che Dio la manda). In meno di 30 secondi
una vera pioggia tropicale ma, d’altronde cos’altro aspettarsi
visto che siamo nel pieno della stagione delle piogge? Qui non si sa mai
né quando arriva né quanto dura; l’unica cosa di cui
si può essere sicuri è che può succedere in qualunque
momento. Asì es (è così!).
Il nostro primo approccio con Panama comincia con una passeggiata lungo
le vie del Casco Viejo, ossia la città ricostruita dagli spagnoli
dopo la distruzione della prima città da parte del pirata Henry
Morgan. Molto intrigante con le sue case di diversi colori più
o meno in rovina. Proseguiamo lungo l’Avenida Central di Santa Ana,
un quartiere popolare brulicante di negozietti e venditori di strada.
Qui la gente si inventa ogni tipo di lavoro per sopravvivere, i vestiti
non costano mai più di 5 dollari e i taxi al massimo due. Per questo
non abbiamo ancora vissuto l'esperienza di salire su un diablo rojo, cosa
che è davvero un’impresa: sono guidati da pazzi che, tra
slalom e sorpassi da tutte le parti, sfrecciano nel traffico a velocità
da formula uno. Pieni di disegni inverosimili, con la musica sparata a
tutto volume, sono considerati dei musei d’arte urbana ambulanti
dove Gesù è affiancato da Madonna (non la Vergine, bensì
la pop star).
La città di Panama è davvero un bel posto; quasi non viene
voglia di proseguire il viaggio, ma, dopo qualche giorno, decidiamo di
partire per l’arcipelago di San Blas dove veniamo accolti dalla
comunità indigena dei Kuna. Queste splendide isole coralline della
costa caraibica formano un arcipelago di 365 minuscoli fazzoletti di terra
su cui crescono unicamente palme da cocco che, da sempre, assieme alla
pesca rappresentano tutto ciò di cui i Kuna vivono. I Kuna, infatti,
nascono come popolo di pescatori che, per sfuggire alla dominazione spagnola,
si rifugiarono in queste isole dell’Atlantico per vivere secondo
le proprie leggi e tradizioni, immutate da secoli, e valide anche per
chi viene come semplice visitatore.
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Arriviamo
a Mamitupo e veniamo accolti da una guida Kuna che si stupisce non poco
quando gli confessiamo di non aver prenotato nulla. Per fortuna nell’unico
hotel esistente nel raggio di alcuni chilometri c’è posto.
L’isola che ci accoglie è poco più grande di un campo
da calcio e conta al massimo una dozzina di abitanti. Le coloratissime
cabañas di legno lavorate e dipinte a mano sono semplici ma al
tempo stesso davvero molto belle. Visitando la comunità di Aligandi,
camminiamo per il villaggio, dove, passando di fronte alla scuola siamo
"assaliti" dai bambini che ci festeggiano come se per loro fossimo
il più bel regalo di Natale mai ricevuto. Incuriositi dalle nostre
macchine fotografiche e videocamere, si mettono in posa per essere fotografati,
poi, vanitosi vogliono vedere come sono venuti. Un vero spasso.
Ci dedichiamo allo snorkeling. Riusciamo ad avvistare, tra le mille bellezze
sottomarine, una stella marina e un’infinità di pesci tropicali
coloratissimi dalle forme più strane. Dalla barca osserviamo anche
un paio di delfini.
Torniamo a Panama City e ci accingiamo a volare verso un altro arcipelago,
quello di Las Perlas, famoso per essere stato il luogo del ritrovamento
della perla più grossa del mondo. Durante il check in all’aeroporto
ci consegnano un pezzo di plastica arancione che osserviamo piuttosto
perplessi: è la nostra carta di imbarco. Per dormire scegliamo
Isla Contadora dove non incontriamo quasi anima viva e abbiamo una spiaggia
da sogno tutta per noi, così come il personale dei bar e dei ristoranti
libero di dedicarci tutte le attenzioni perché spesso eravamo gli
unici clienti.
Contrattiamo
un giro in barca con un ragazzino pescatore, il quale usando solamente
il filo e un pezzo di plastica come esca riesce a pescare un tonno che
si trasforma nella nostra succulenta cena, cucinata da un cuoco kuna.
Sulla via del ritorno incrociamo le balene e riusciamo ad osservarle da
molto vicino, non più di 30 metri, mentre una barca di studiosi
le filma. Tra le cose curiose capitate in quest’isola incrociamo
un bambino di 8-9 anni felice al volante di una jeep 4x4 con tanto di
famiglia al seguito. Altro che patente a punti, bonus e decreti sicurezza.
Torniamo nuovamente a Panama, ma, questa volta, solo come punto di partenza
per un lungo viaggio in autobus che ci porta a Pedasì, cittadina
molto tranquilla e poco turistica nella Provincia di Los Santos. Pieni
di energia decidiamo percorrere a piedi i 5 chilometri necessari per arrivare
a Playa El Toro: spiaggia selvaggia, ottima per pescare e praticare surf;
peccato che noi di surf non ne sappiamo niente e ci limitiamo a giocare
con le onde. La sera decidiamo avventurarci verso Isla Cañas un’isoletta
difficile da raggiungere, dove tra luglio e novembre più di 10.000
tartarughe marine arrivano per deporre le uova. Dopo tanto camminare,
raggiungiamo la spiaggia: che delusione, di tartarughe nemmeno l’ombra.
Stiamo per abbandonare l’impresa, quando finalmente delle piccole
orme ci indicano il passaggio di una tartaruga. E’ davvero coinvolgente
e, in pochi minuti, ci
ritroviamo ad osservare la tartaruga deporre le uova bianche. Scava lei
stessa una buca nella sabbia umida che ricopre scrupolosamente prima di
trascinarsi esausta verso il mare. A volte su questa spiaggia è
possibile imbattersi in un’arribada, ossia l’arrivo simultaneo
di migliaia di esemplari.
Il giorno dopo ci svegliamo alle 6 del mattino, cambiamo ben 5 autobus
e attraversiamo mezzo Paese per arrivare sotto un autentico diluvio a
Boquete, nella Provincia di Chiriquì. Per la prima volta da quando
siamo arrivati a Panama fa fresco, quasi freddo. Siamo infatti a più
di 1000 metri di altezza in una vallata verdissima, traboccante di alberi
e fiori. Ma qui ci fermiamo solamente un paio di giorni di passaggio per
arrivare a Bocas del Toro, arcipelago all'estremo nord di Panama. Senza
saperlo, arriviamo giusto per la Feria del Mar, la festa più importante
dell’anno, per cui l’isola è piacevolmente animata.
Per alloggiare decidiamo di fermarci a Bocas città, ad Isla Colon,
cittadina dall’atmosfera rilassata dove gli edifici
in stile caraibico sono costruiti direttamente sull’acqua. Queste
isole non hanno nulla da invidiare a nessun altra destinazione: lussureggianti
foreste tropicali, mangrovie, spiagge inesplorate, splendide barriere
coralline ed acque trasparenti come il cristallo come quelle di Boca del
Drago, una bellissima spiaggia ad est dell’isola. Qui il mare è
molto calmo e la vista è più seducente di quanto avessimo
mai immaginato. Con una passeggiata lungo la sottile lingua di costa,
tra le palme che si spingono fino alla riva, arriviamo in un punto perfetto
per indossare la maschera e andare a caccia di pesci. I primi animali
che vedo sono due razze semi-nascoste sotto la sabbia, poi decine di stelle
marine perfettamente visibili a pochi centimetri di profondità.
Il giorno successivo, dopo un’estenuante contrattazione con i ragazzini
locali, ci imbarchiamo per Isla Bastimentos, autentico gioiello dell’arcipelago
protetto da un Parco Marino. Durante l’escursione navighiamo in
una baia dalle acque profonde dove dovremmo vedere i delfini, da qui il
nome Bahía de los Delfines. Siamo fortunati e dopo pochi minuti
osserviamo subito le prime pinne. Gli avvistamenti e le foto si susseguono
per una mezz’ora. Vicino a Bastimentos nuotiamo in una barriera
corallina poco profonda e quindi perfetta per lo snorkeling. Le serate
a Bocas si trascorrono al Barco Hundido, sdraiati in riva al mare sorseggiando
coca-rum a guardare il cielo stellato. E’ la nostra ultima notte
a Panama, domani il viaggio proseguirà in Costa Rica. Da Bocas
del Toro, con barca, autobus e taxi arriviamo alla frontiera di Changuinola
dove, con immenso stupore, ci rendiamo conto che attraverseremo il confine
tra i due paesi a piedi camminando attraverso un vecchio e pericolante
ponte ferroviario in disuso. E’ la prima volta che passo una frontiera
camminando, davvero eccitante.
Questo paese mi è rimasto nel cuore: i suoi colori, suoni, sapori
e tutte le emozioni resteranno vivi per sempre dentro di me.
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