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APPUNTI AFRICANI M.C. 27.
7. 92 Nairobi, Kenfish bar. Succo di Papaya ( goodbypapay ) Da ieri mattina in viaggio, treno fino fiumicino con jovanotti. Sala d'attesa al Cairo con biondina occhi azzurri biancolungo vestita araba e marito nero oliva gelosissimo, lei guarda il mondo di nascosto, più è nascosto e proibito, più è intenso e curioso. Mangio
anche la susizza di baba. Colonia, coloniale è il bar dell'hotel, legno e marrone, tazzine sbrecciate, tavoli e sedie consunti, muri sudati. Si
vedono piccoli pulmini sudati colorati spesso a branchi, fermi agli
incroci, vicino gli autisti fischiano, ognuno il suo cinguettio, forte
e insistente, per riempirli e partire.
E'
arrivato l'aereo mentre scrivevo, sono a Mombasa, ore 7.30 di sera.
New Tree Palm hotel, 2 tusker lager sul tavolino, bar dell'albergo,
poltrone rosse, pavimento a mattonelline giallo africa, tutto molto
coloniale, spazio, sbrecciature, consunto, usato, molti indiani. Mercato nel pomeriggio moschea. Ieri sera a nairobi ancora matatu protagonisti. Svelato mistero, portano fuori città, ognuno in concorrenza con l'altro, li fanno colorati, pieni di luci, musica, alta, vere disco ambulanti. Nel bar del Princess hotel una coppia ci nota e sorride, ci sediamo con loro, lei ha un viso dolcissimo e una bocca che, più chiara della pelle del viso, diventa quasi indecente nel rosa carne vicino ai denti, un rosa umido, tumido. Qui giocano. Freccette. Come i soldati americani nelle basi nato, quando fanno centro un suono elettronico segnala l'avvenimento. Le donne più carine per strada guardano babe ( ogni tanto con un gesto fulmineo chiudo una zanzara in un pugno, stritolandola ).
Sulla strada baba vede uno scarabeo che si porta dietro la sua palla di merda, è una danza, vi si arrampica sopra, in equilibrio fa quanche centimetro, acrobata da circo, poi scivola e la spinge, la fa rotolare verso la sponda, al riparo dal matatu che passa sollevando nuvole bianche impenetrabili.
Al centro della corte, il tetto della hall, passando si vedono i clienti seduti bassi sulle poltrone rosse, l'indiano addormentato davanti alla birra appoggiata al tavolo. Dal verso sembrano cornacchie, cra, cra, si appoggiano al tetto, l'indiana sale la scala, sopra i colori sono gli stessi dei tetti del salento, bianco intonaco e nero catrame che non fa piovere dentro. Nella casa di fronte il catrame è scivolato giù, trasbordato sul giallino, sembra proprio tufo quel giallino, sono a Maglie, unica differenza da qui, sono le cornacchie, mai viste a Maglie. Al ritorno da Diani beach prendiamo il traghetto, LIKONI FERRY, un branco di uomini ci aspetta, si avvicinano tutti alla riva, si accalcano, variopinti, rumorosi, lo stesso succede sulla barca, un altro branco uguale a quello sulla riva si accalca a poppa, spinge sulle transenne, poi il ferry arriva lento, i due branchi si guardano, ancora divisi dall'acqua, si fronteggiano, si salutano, si urlano, avvicinandosi. E' un attimo : dal ferry uno balza in terra, poi un altro, un fiume di gente entra nell'altro che gli si muove incontro, si mischiano, creano piccoli vortici, si scontrano, si fronteggiano, si salutano, si urlano, si penetrano, si mischiano, sono un solo branco e d'incanto in un attimo si sono scambiati di posto, il branco a terra ora è sul ferry e il branco sul ferry ora si sta sparpagliando a terra, in ogni direzione, mai più unito, fino al prossimo passaggio. Il vento solleva il vestito giallino dell'indiana appoggiata al parapetto del tetto salentino. Si sposta, si siede. E' sola, prende il fresco, guarda verso la casa di fronte, ogni tanto si alza e solleva il coperchio di una delle tre grandi vasche di alluminio appoggiate lì. Guarda dentro.
Poi arriva il papanero con un fax per me. Queste cazzo di casette sembra un villaggio degli gnomi in svizzera. Tutte bianche, un gran tetto a punta di paglia, una scaletta a chiocciola che gli si inerpica davanti. Tti 'sti cazz'i tedeschi in sto' villaggio. Zzàrli tutti.
Improvvisamente stamattina piove.
Tamburi, mani come mazze violente contro la pelle tesa, strumenti, prolungamenti del corpo, una grande pancia vuota il tamburo, una pancia per suonare e parlare. Sul continuo del ragazzino che batte su di una lattina, due giovani dialogano, ognuno al suo tamburo, alcune frasi finiscono nello stesso punto, dicono le stesse cose, si rafforzano. Mombasa Colore bianco sporco, un incrocio di strade grandi, un paio di palazzi alti, poi case a uno, due piani, dall'incrocio, la via che va al LIKONI FERRY é invasa dai venditori di sculturine in pietra rosa e legno scuro. Un mercato, le bancarelle espongono file di lucchetti, forbici, ninnoli, perline, pile, coltelli da cucina, ciabatte di plastica, collane e biro, gomme, orologi, cappelli. Ogni volta che mollo la testa si piega, il cervello si spegne, i muscoli si stendono, ogni volta che quasi mi addormento viaggiando, dopo qualche minuto sento che l'unico muscolo teso del corpo s'ingrossa e pulsa. Prima sosta Malindi, paradiso degli italiani. Ci fermiamo davanti ad un posto dove si mangia. L'unica altra bianca, oltre ad un magro occhialuto seduto in fondo, scende e si siede ad un tavolo, finisce giusto in tempo per ripartire, da come si muove sembra avezza alla situazione. Tra the blue bus ( is calling us ) e ' il ristorante ' miriadi di venditori di noccioline, uova sode con sale, frutti della passione, banane, il banchetto dove fanno gli spiedini tipo suvlaki, il banchetto delle pannocchie abbrustolite.
Balcone
dell'hotel Palace Mattina Shella beach, deserto. Stamattina ha cantato il muezzin. Halha Sahlamah, qui lo scontro è fra conquistatori, esploratori. All'arabo piaceva la costa, andalu, sicilia, nordafrica, arabia, somalia, nordkenya, isole, Lamu : pieno islam, niente con mombasa, nairobi : arabia, islam, come se arabi - europei popoli esploratori, mentre africani no. Necessario
uno studio delle coste.
L'arabo niente buana, amico, alì, se ti metti il loro berretto - nice event ! - mi dice un tipo sguardo tipo - adesso puoi cominciare a godere sul serio - enjoy yourself - un altro. Il negro è buana, j'm your slave, ti porto lo zaino, ti accendo la siga, ti trovo questo, ti vendo quello che vuoi, quando vuoi, qual'è il tuo prezzo? quanti scellini mi dai? Ho preso un panno somalo, il tessuto è più spesso di quello che usano qui, più vento e sabbia.
La corriera è ferma a motore acceso, sono saliti dei militari armati, ho sentito le parole - Somalia, Somalia - tutti quelli in piedi nel corridoio sono scesi. Baba mi dorme sulla spalla. Ripartiamo.
MUSHI è un incrocio fra Forlì e Sofia. Ha una piazza che è quella di Forlì allargata, con le case più disperse, ma con lo stesso rigore da regime, un monumentino che a Forlì è beige e qui azzurro, tutto un po' sbrecciato, come in est europa, bulgaria, stile ginnico, da palestra o istituto di educazione fisica. Quei colorini azzurrini verdini alle pareti. Comunque sempre un po' rovinato, mi è rimasta in mano la maniglia della porta. Effettivamente il New Caste assomiglia più ad una baita di montagna, col legno a vista e tutto. Ho trovato il mio coltello : apparenza da bastoncino nero, si sfila un metallo morbido e cattivo. Da affilare.
VE 14 KILIMANGIARO SA
15 KILIMANGIARO, Mandara 2737 metri Uno
dei punti più frequentati da tutta l'Africa sicuramente, ogni
giorno decine di italiani, giapponesi, francesi, spagnoli, inglesi,
tedeschi e una moltitudine indefinita di neri. Un cratere vicino, nebbia, poco niente sole, sospesi in un posto che mi sembra badia Prataglia, dove andavo in colonia, in toscana, solo un po' più grossi glki alberi, poi proseguendo per dove la terra da nero fango si apre in argilla. ARUSHA Discesa di tre ore, Arusha. Passiamo bananeti, coltivazioni di mais, caffè e ancora banani dappertutto verdissimo, piante ovunque, immensi campi si mais, girasoli, banani. Anche ad Arusha il monumento a Forlì in una piazzetta, rotonda svincolo macchine, palazzi neofascisti, intorno più moderati, anni '70, grandi palazzoni tipo congressi, un po' sbrecciati e scrostati. Continua senso di pulizia, tranquilla vita che va, niente angoscia di raggiungere l'occidente, anzi. Vita notturna come all'est negli alberghi, complessini che suonano, piccole disco. Entro in una, avanposto per i ragazzi, tutti neri, qualche negrona che sluma, torno su, un giro fino a forlì, altro albergo, altra orchestrina.
L'emozione è arrivata ieri, al tramonto, con quei profili d'albero sul cielo, per il resto ho mangiato con gusto una cioccolata presa ad Arusha. Baba
si arrabbia perchè non ci fermiamo ad un mercato. Oggi grandi distese piatte, gialle azzurre rosa e azzurre, una striscia rosa nell'azzurro lagocielo, sottile, un ago posato sul lago, appoggiato all'acqua, qui davanti ippopotami - grezzoni - dice baba sbadigliano provocando scrosci di clik fotografici dalle mandrie di turisti nel recinto di sassi.
Arriva
nascosto e piano, dopo i primi leoni pigri si alza e riempie, mood,
spirito, atmosfera, suono, gusto, anima, feeling, corpo del luogo, un
cerchio di terra isolato dal mondo da qualche migliaio di anni, difficile
da raggiungere e da lasciare, un tempo eterno, immobile dall'inizio,
dopo l'esplosione. Zebre ferme sull'erba, intere mandrie di gnù
immobili per ore, qualcuno muove un orecchio e il vento si alza, un
mulinello, lontano la striscia bianca del lago salato, poi vento, polvere
bianca, nebbia sospesa contro le montagne, le zebre immobili sulla sabbia
grigia, un enorme rinoceronte cammina, dondola la testa nella nebbia,
vento, silenzio, zebre ferme, il deserto bianco, piatto, inizia, vuoto,
nessun animale, piste lo attraversano, abbaglia e quando il vento lo
raggiunge solleva la nebbia bianca, avvolge rinoceronte, zebre, iene
immobili, sospese, e i due leoni appoggiati sulla sabbia.
Sediamo sull'erba, più in alto una collina verde di là dalla strada. Pastori che vogliono il mio orologio russo, il masai lo scambia con il coltello o il bastone. Quando il sole in quattro minuti scivola dentro al profilo spigoloso della montagna, sto andando nel land verso Arusha. Ora in hotel dopo la partenza alle 9, sono le undici di sera. Ripassiamo da Karatu, tutta polvere rossa, piccole case, sarti con macchine da cucire di ferro e legno di fianco alle porte, il mercato della frutta.
Changuu é l'isola delle prigioni, la si gira in un quarto d'ora, al centro il rudere delle celle, alcune sono riadattate, porte verdi nuove e letti, un proto-hotel, il rudere del generatore in ferro, un grosso boiler di ruggine fra le piante.
Do
30 Nairobi Alcune sembrano accucciarsi sotto il peso dell'enorme culo che segna deciso la figura, segno forte più della pelle, a vole spopositato, incredibile a vedersi per mole e autosufficenza, quando danzano lui é un essere a parte, per suo ritmo e natura si alza e vibra, unico catalizzatore di energia.
Dico il mal d'Africa il seme che sembrava non esistere, mangiavo nutella non cagavo i leoni, fino al tramonto mentre la gip andava. Allora vado a casa e apro le bottigliette. C'é quella del Ngorongoro, ho cercato di disturbare la sabbia il meno possibile, dal fondo del lago al pacchetto di sportsman aperto solo sul tecnigrafo, con la polvere alzata, immobile, com'era sempre stata.
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